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IL FOGLIO LETTERARIO NEWS - La Terra Vista dalla Luna edizione flash Lorenza Ghinelli, autrice lanciata da Il Foglio Letterario con il romanzo Il divoratore (poi edito da Newton & Compton) è stata inserita nella cinquina finale del Premio Strega con l'ultimo lavoro intitolato La colpa (Newton & Compton). Un caloroso in bocca al lupo da parte della sua prima Casa Editrice!
In allegato le nostre ultime novità editoriali
Prossime manifestazioni alle quali parteciperemo: sabato 16 luglio - Giaconmo Guantini presenta Primadel blu a Livorno - Piazza Cavallotti ore 19 (NOTTE BLU) sabato 23 luglio - NOTTE DEI FALO' A PIOMBINO - Facciamo lo stand con i nostri libri sabato 30 luglio - Piccola Editoria di Sansepolcro (AR) - Alessio Santacroce presenta Le pietre di Padre Cenere 28 - 30 settembre Fiera di Cinisello Balsamo (MI) 23 - 25 novembre Pisa Book Festival
Un omaggio liberamente riproducibile, citando la fonte Vanishing point – Punto zero (1971) Regia di Richard C. Sarafian. Interpreti: Barry Newman, Cleavon Little, Dean Jagger, Victoria Medlin e Paul Koslo. Inseguito dalla polizia per mezza America a causa dell'alta velocità di guida, un ex pilota automobilistico (Newman) diventa un simbolo dell'insofferenza giovanile verso le autorità. Ballata su un eroe solitario, a metà strada tra il western contemporaneo e lo sfruttamento commerciale del ribellismo alla Easy Rider, sceneggiata dal critico cinematografico e scrittore cubano in esilio Guillermo Cabrera Infante, che voleva firmarsi Guillermo Caín (Caino!). Relitto di un'epoca, in ogni caso, tanto nei contenuti quanto nello stile. Finale prevedibile, troppi flashback e troppe canzoni per riempire i momenti di vuoto. Ai tempi, comunque, un piccolo mito. Due stelle. (Dal Dizionario dei Film di Paolo Mereghetti). Kowalski, ex marine, ex corridore d'auto, ex poliziotto, scommette di percorrere in 15 ore, a bordo di una Dodge Challenger col motore elaborato, il percorso tra Denver (Colorado) e San Francisco, quasi 2000 Km. in linea d'aria. I poliziotti sempre più incarogniti di tre Stati che attraversa cercano di fermarlo. Lo aiuta e lo sostiene a distanza il disc-jockey di una piccola stazione radiofonica, nero e cieco. La sceneggiatura è di Guillermo Caín, pseudonimo dello scrittore cubano in esilio Guillermo Cabrera Infante: un concentrato di stereotipi della controcultura dell'epoca (ribellismo, pacifismo, culto della trasgressione, elogio dei marginali, individualismo anarchico). A livello visivo e dinamico, però, è eccitante: il virtuosismo dell'azione e della cinepresa non è quasi mai fine a se stesso. Fu paragonato inutilmente a Easy Rider e a Zabriskie Point. Tre stelle. (Dal Dizionario dei Film di Laura, Luisa e Morando Morandini). Un ex campione del volante deve consegnare un'auto sull'altra costa dell'America. Ma guida troppo forte e la polizia gli è presto alle calcagna. Lui, però, non si ferma. È un uomo in crisi, nevrotizzato da molte esperienze sfortunate. La caccia si trascina attraverso molti stati dell'America e il guidatore diventa una sorta di simbolo di ribellione al potere. Un disc-jockey di colore lo esalta dalla sua stazione radio. Ma il Robin Hood a quattro ruote morirà. Due stelle. (Dal Dizionario di tutti i film di Pino Farinotti). Non che m'importi molto di quello che scrive la critica sui miei film, ma pure io sono uno scrittore, critico cinematografico in prestito alla sceneggiatura, e devo tenerne conto. Il mio Vanishing Point piace al pubblico, ma forse risente del tempo che passa - come tutti noi - perché certi miti si sfaldano, il ribellismo si attenua, la trasgressione si normalizza e l'elogio dei soggetti marginali non è importante come in passato. Il mio film non viene girato come avrei voluto, ma questo accade raramente, sarebbe bene che uno sceneggiatore non andasse a vedere il prodotto finito, ché finisce sempre per provare un senso di delusione. In ogni caso restano i grandi spazi deserti della periferia nordamericana, il mio far west moderno percorso a lungo prima di mettermi a scrivere, il luogo ideale dove ambientare una storia on the road. Un sottofondo insistente di musica country, una fotografia che esalta la fuga di un ricercato, un uomo braccato, ribelle all'ordine costituito, un uomo in fuga da se stesso, solo con la sua auto, a caccia di un'ultima vittoria per dare un senso alla vita. Il mio eroe troverà soltanto la morte, fracassando la macchina contro un ostacolo fisso, bruciando i suoi sogni sull'altare di un posto di blocco della polizia. Il mio Kowalski è un ex marine che ha fatto il poliziotto e il pilota, un uomo che lotta per un'ideale e vuole sentirsi libero. Certo, il regista ha messo in primo piano un uomo e una macchina, mentre la mia storia veniva da lontano, ebbra di sensazioni desunte da Jack Kerouac, dipingeva un uomo in fuga da un passato di sconfitte. Ci sono i flashback, certo, ma è troppo poco, anche se molte critiche sottolineano che nella pellicola ci sono troppi flashback. La vita è un flashback, signori critici. Il riflesso di quel che siamo stati condizionerà ciò che saremo, per questo quando scrivo abbondo con i flashback. Magari fosse possibile penetrare gli istanti e rivivere momento per momento i sogni del passato! Il mio film non era soltanto l'uomo e la sua macchina, la sfida con il tempo, la ribellione al potere. No davvero. Il mio film era l'uomo in lotta con se stesso, in fuga dal presente, convinto di poter fare qualcosa di importante. Immensa periferia californiana, il mio far west degli anni Settanta, una radio che passa musica country, un disc-jockey nero che sostiene un ribelle, le corse folli di un pilota inseguito dai servi del potere. Richard Sarafian concede molto allo spettacolo e fa bene, ché il cinema è sogno, fotografia, effetti speciali, immagini violente che restano nella memoria dello spettatore. La mia storia è più romantica e struggente, lo so che faccio letteratura sono soltanto uno scrittore, è la storia dell'ultima bella anima del nostro pianeta, dell'ultimo ribelle in fuga, di un vendicatore di soprusi, di un uomo che non vuole più essere costretto a fare cose in cui non crede. Kowalski ha un passato fatto di troppe imposizioni, adesso conosce solo se stesso come padrone e si lascia guidare dai sogni. Metafora della mia fuga da Cuba, credo, pure se quando scrivevo mica lo pensavo, ma le storie vengono fuori da quel che siamo, c'è poco da fare. Io sono Kowalski, come Madame Bovary era Flaubert. Io sono l'uomo che si guarda indietro e rivive gli errori della sua vita e le imposizioni subite dal potere. Io sono il ribelle che lotta contro il dispotismo e fugge dall'arroganza poliziesca, che preferisce la morte alla non realizzazione del sogno. Lascio i critici cullarsi sugli allori dei loro stereotipi, ché forse non hanno mai dovuto fare i conti con l'orgia del potere, con una dittatura del pensiero unico di fronte alla quale la sola scelta possibile è la ribellione. Il mio eroe vuole imporre la propria idea anche se il potere lo perseguita e in fin dei conti anche morire serve a fare i conti con la storia e a imporre il proprio pensiero. Il mio eroe ricorda i sogni della beat generation, esule nel deserto, ascolta una radio gracchiare parole di incoraggiamento, conosce uomini e donne che lo aiutano, lotta contro la natura e ripensa al passato. La sfida è solo con se stesso, perché lui è l'ultimo vero eroe americano che corre nel deserto per realizzare un sogno di libertà. Non finirà bene, purtroppo. La vita spinge troppo spesso ad accettare sfide impossibili. Kowalski e Cabrera Infante sono due vittime del potere che resteranno tali nonostante ribellioni e sogni infranti. Il mio eroe ha una macchina da spingere a duecento all'ora nel deserto, io soltanto la penna e i tasti di una macchina per scrivere. La sconfitta ci attende dietro l'angolo della nostra vita. (Gordiano Lupi)
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