Lorenzo Infantino “Potere. La dimensione politica dell’azione umana”. O del potere che nasce dall’interazione sociale

Creato il 16 febbraio 2014 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

di Michele Marsonet. Poche parole del nostro linguaggio sono più usate di “potere”. Quando tuttavia se ne cerca una definizione precisa e in grado di mettere tutti d’accordo i conti cominciano a non tornare. Non soltanto perché è ovviamente un termine polisemico in cui tanti significati s’intrecciano tra loro, ma anche per la sua inevitabile connessione con il mondo dei valori. Il potere si ama o si odia, e risulta difficile restare neutrali quando entra nel discorso.


Lorenzo Infantino, docente di Filosofia delle scienze sociali all’università LUISS Guido Carli di Roma, ha da poco pubblicato il volume “Potere. La dimensione politica dell’azione umana” (Rubbettino Editore) in cui fornisce un’analisi rigorosa del termine (e, quindi, del concetto) proponendo un metodo per “scomporlo” e ridurlo così alle sue componenti più semplici e fondamentali.

Impresa tutt’altro che facile, come sanno tutti coloro che si sono dedicati a questo tipo di studio. Uno dei motivi risiede nel fatto che i classici del pensiero politico, filosofico e sociologico non concordano sul significato della parola né sul metodo più adatto per determinarlo. Situazione del resto piuttosto frequente nell’ambito delle scienze storico-sociali.

Infantino è noto soprattutto (anche se non solo) per le opere dedicate alla Scuola economica austriaca e, pure in questo libro, Carl Menger, Ludwig von Mises e Friedrich von Hayek svolgono un ruolo da protagonisti. Affiancati però da altri autori come Georg Simmel, Max Weber e Karl Popper. Come ho detto poc’anzi, all’autore interessa in primo luogo appurare quali siano gli elementi più semplici e fondamentali che concorrono a formare il potere.

Occorre a suo avviso criticare il modello dell’ “homo oeconomicus” in quanto è pervaso dallo psicologismo. Secondo tale modello il soggetto è spinto all’azione dal desiderio di accumulare ricchezze e di impiegarle per produrne altre. L’accumulazione avverrebbe dunque sul piano puramente soggettivo, al che Hayek ha replicato che “le considerazioni economiche sono semplicemente quelle con cui conciliamo e adattiamo i nostri diversi scopi, nessuno dei quali è in definitiva economico”. Sono piuttosto i “mezzi” mediante cui cerchiamo di perseguire i nostri scopi ad avere carattere economico.

In realtà Simmel ha notato a più riprese che lo scambio è l’espressione della reciproca dipendenza degli esseri umani. Entra allora in gioco la nozione di “intersoggettività”, in filosofia spesso basata su presupposti di tipo hegeliano, mentre qui è ricondotta alla constatazione che tutto nasce dal rapporto tra i singoli individui. Rapporto addirittura necessario poiché, in sua assenza, nessuna società potrebbe nascere. I soggetti però restano tali anche nel contesto sociale, e non vi sono entità di tipo superiore – per esempio la massa o la classe – alle quali la loro individualità possa venir ridotta per essere in definitiva annullata.

Dalle relazioni intersoggettive nasce poi il potere infrasociale, in cui si manifestano – e questo è fondamentale – la subordinazione da un lato e la sovraordinazione dall’altro. Premessa necessaria per dar vita al potere pubblico che i governanti eletti esercitano sui governati (i quali, nell’ottica liberale, possono a loro volta assumere un ruolo direttivo a scadenze regolari).

L’individualismo costituisce il vero antidoto a ogni forma di regime autoritario e, aggiunge Infantino, “la base materiale dell’individualismo è costituito dalla proprietà privata. Sono infatti le risorse detenute privatamente a rendere possibile la scelta”. Il senso dell’individualismo stesso non dev’essere tuttavia frainteso, giacché la mente è un prodotto del mondo. Oppure, per restare con Popper, la società non è un’entità superiore alla somma delle sue presunte parti originarie.

Quindi un approccio antiplatonico a tutto tondo, che indica la contrarietà a ogni tentativo di “riplasmare” integralmente l’uomo mediante la riproposizione del “Mito di Sparta”. Lorenzo Infantino ha scritto un libro importante e ricco di spunti, con riflessioni originali che non mancheranno di influenzare i futuri studi di settore.

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