a cura di Lorenzo Spurio
LS: Lei ha all’attivo un vasto numero di sillogi poetiche e in tempi più recenti si è occupata anche della scrittura di poesie religiose. Da quale bisogno nasce la scrittura di una poesia confessionale e quale è la finalità?
AS: Sono lieta di questa domanda che mi viene posta, non senza aver considerato che effettivamente al mio attivo ho prodotto un vasto numero di sillogi poetiche; ciascuna con una tematica differente, l’una dall’altra. I titoli sono: Poesia, (esprimo in questa silloge la bellezza della poesia pura); Frantumi di Tempo, in cui affronto in chiave moderna la sottile precarietà del tempo nella vita esistenziale coi suoi dolori e le sue gioie); L’Altra dimensione della vita, (un’altra silloge in cui la poesia riesce a narrare, in breve, la dimensione di vita vissuta, ovvero, già trascorsa come scorcio di tempo-vissuto); Le voci della memoria, (una silloge in cui racchiudo le voci in un solo afflato, per descrivere meglio un nucleo di memoria rimasta fortemente legata ai ricordi e all’armonia di tante cose vissute e mai credute perdute; in versi ogni cosa descritta, a mio parere, sembra rimanere pura e intatta); Io sono soltanto un granello di sabbia, infine, (in questa silloge il mio intento è stato quello di ringraziare l’Iddio per il dono generoso della parola, profusa in versi, in abbondanza, credo). Difatti, Marzia Carocci, critico recensionista molto conosciuto, in una sua breve, ma significativa, recensione, ha affermato: “Nella poesia “Io sono soltanto un granello di sabbia”, Anna Scarpetta si inginocchia al cospetto del Padre ringraziandolo con umiltà di averle donato la capacità di esprimersi in poesia e avvalorando il fatto che anche un piccolo granello di sabbia in confronto alla vastità di un deserto, può avere un valore inestimabile” (…).
Ebbene, già da qui si può meglio intuire come la scrittura, di Poesie religiose, in maniera costante, sia al centro dei miei reali pensieri. Tuttavia, credo che la poesia nasca, principalmente, da un forte bisogno di aprirsi e scaricare ogni tensione o forte emozione. E’ vero, taluni elementi esenziali, fungono, peraltro, da motore trainante per un poeta o scrittore. Io credo, lo stesso si possa dire anche per gli attori o i registi di teatro. Quali siano le finalità, è chiaro, vanno arricchire un panorama di scrittura infinita, in chiave moderna. Se il lavoro prodotto poi saprà imporsi all’attenzione, sia della critica futura che del pubblico nuovo, ancora meglio. Ogni scrittura, penso, sia nel tempo destinata ad incontrare il suo magico momento fortunato, se piacerà, ovviamente, o se dirà cose nuove e interessanti.
LS: Secondo alcuni la poesia ha una funzione terapeutica; allevia i mali e i tormenti dell’uomo, cioè è una sorta di sofferta confessione con se stessi per cercare di individuare una consolazione o un miglioramento alle proprie condizioni. Per altri, invece, la poesia è inconcepibile se slegata dall’impegno civico, dalla sua vena sociale ossia non può mancare di partire dalla lucida osservazione del mondo per fornire poi un monito, un canto di denuncia o una attestazione di sdegno. Che cosa ne pensa Lei a riguardo? Quale delle due intenzionalità poetiche si sposa meglio al suo far poesia?
AS: La scrittura della poesia aiuta, in effetti, ad aprirsi meglio al mondo reale, vivendo o rievocando la propria sofferenza, i dolori, gli amori, le amicizie perdute e ritrovate. Aggiungerei, anche il caro ricordo dei paesaggi e luoghi, in cui si è vissuto, sono vivi spiragli di luce, cari al cuore e all’anima. Rievocarli, ogni tanto, credo, faccia bene. Tuttavia, la mia poesia, è orientata, in maniera costante, verso la lucida osservazione del mondo che muta notevolmente, coi suoi reali problemi e tante difficoltà sociali, ancora forti. Ebbene, non necessariamente, la poesia sia davvero in grado di tale funzione terapeutica, ovvero, che possa alleviare i mali o i dolori, compresi i tormenti dell’uomo. Sarebbe fin troppo bello, se fosse reale. A mio dire, solo il tempo possiede il vero antidoto cicatrizzante per questi eventi forti; se come supporto non vi è una fede interiore dominante, così speciale e provata, in concreto, non si superano certi eventi o perdite di persone care. Ne so qualcosa!
LS: Per interesse personale e per ascendenza familiare, Lei ha uno strettissimo rapporto con il mondo del teatro. Può rivelarci le motivazioni del suo grande amore verso il palcoscenico e la rappresentazione del testo?
AS: E’ vero, il teatro è sempre stato al centro del mio personale interesse, così forte, fin da ragazza. Un amore che il mio papà ha saputo trasmettermi grazie alla sua costante passione. Un amore che ho voluto approfondire, frequentando, alcuni anni, una Scuola di Recitazione a Napoli, studiando autori importanti: Soflocle (Antigone); Arold Pinter (Il Guardiano), Fernando Pessoa, Eduardo De Filippo (Natale in Casa Cupiello), Luigi Pirandello, e altri, di notevole fama.
LS: Come mai non si è mai cimentata nella scrittura di un testo Teatrale?
AS: Non è assolutamente vero che io non mi sia mai cimentata nella scrittura di un testo teatrale, ho scritto diversi testi teatrali. Alcuni sono andati smarriti durante il mio trasferimento da Napoli a Novara. Altri scritti, invece, li ho recuperati tra le mie numerose carte, anche se poi non sono riuscita a pubblicare in seguito, qualcuno, cosa non facile. Ma ciò non significhi che non ci sia davvero spazio, nel tempo, per decidere. Tuttavia, appena trasferita, a Milano residenza di lavoro, ho avuto la mia opportunità di conoscere persone appassionate di teatro. Insieme abbiamo condiviso un testo ambizioso, dal titolo “Una barchetta di carta sull’acqua” di Ciro Menale. Atto unico, liberamente tratto da Fernando Pessoa. Infatti, siamo riusciti insieme a mettere in scena, al Teatro Litta di Milano, un lavoro armonioso, con la Compagnia Teatrale: I passanti. In qualità di Aiuto Regista, per me fu davvero un’esperienza personale molto gratificante e nuova, davvero forte. Il lavoro fu presentato, il 10 Dicembre 1992, ebbe buoni consensi sia del pubblico che della critica.
LS: Sono innumerevoli le definizioni del concetto di cultura che sono state avanzate nel corso del tempo ed esse variano a seconda del periodo storico, della filosofia di influenza e dei propri convincimenti. In particolare colpisce una definizione del portoghese Fernando Pessoa che, lapalissianamente, sosteneva “Cultura non è leggere molto, né sapere molto: è conoscere molto”. Che cosa ne pensa al riguardo?
AS: Sì, esatto, le definizioni del concetto di cultura sono complesse. A mio dire, anche innumerevoli. Esse variano e spaziano nei loro contenuti e nelle dimensioni concettuali di chi li esterna; risentite, ovviamente, delle forti influenze dei propri convincimenti personali. La mia persuasa riflessione, però, è che la molta conoscenza debba necessariamente camminare assieme alla lettura. Dunque, leggere molto fa bene, nutre la mente e appaga l’animo. Io leggo tanto, e mi piace ancora leggere.
LS: Nel panorama culturale contemporaneo i concorsi letterari fioriscono come campi a primavera, molti di essi curano una edizione del premio e poi l’anno dopo scompare perché magari viene a mancare una concreta organizzazione dell’ente che lo istituiva o i fondi per poterlo tenere in piedi. Quale è il suo giudizio personale sui concorsi letterali?
AS: Ebbene, è pur sempre meglio, orientativamente, per un poeta o per uno scrittore misurarsi con gli altri, accettando un giudizio critico di una giuria che lo ha analizzato o valutato. Non può che essere un bene per il suo percorso iniziale o anche in seguito. A mio dire, occorrono, purtroppo, giudizi di esperti e di professionisti critici seri, se si vuole davvero porsi, umilmente, dinanzi a tale passione così intensa e seria. E, la crescita, può avvenire solo se esperti in giudizi critici sapranno valutare, i lavori, serenamente. Altre possibili strade, per chi scrive e produce lavori di buona scrittura, non ne conosco. E’ ovvio, poi, bisognerà scegliere bene determinate strade e i vari concorsi seri, per non inciampare in talune strade che davvero potrebbero rivelarsi false, senza un nulla di fatto, in concreto.
Tuttavia, credo, che i concorsi letterari siano fondamentali per chi intende, poi, proseguire e approfondire questo straordinario percorso culturale. In passato, ma ancora oggi, a dire il vero, mi sono sempre cimentata in concorsi seri e professionali, ancora esistenti, per fortuna. Io bado molto ai nomi dei giurati, ci tengo molto che siano conosciuti e professionisti. Forse, per questo il mio percorso culturale prosegue la sua corsa; oramai, da sola, in un panorama assai vasto, dove è facile perdersi e non sapere più dove andare o come proseguire.
Invero, grazie ai vari concorsi letterari rinomati ed efficienti, in effetti, sono stata, moltissime volte, premiata in Poesia e Narrativa.
LS: La letteratura in dialetto ha vissuto di alti e bassi nel corso della storia e la questione dell’importanza dell’espressione in dialetto negli ultimi decenni è stata avanzata e posta soprattutto da sociologi, demoetnoantropologi e cattedratici che si occupano di linguistica. Alcuni scrittori che hanno impiegato il dialetto (Trilussa, Belli) sono parte integrante della letteratura italiana e sbaglierebbero di grosso coloro che negassero tale realtà. Una delle motivazioni che viene portata dai dilettanti contemporanei o dagli amanti del dialetto in sua difesa è che il dialetto, in quanto lingua madre (si impara prima della lingua standardizzata dell’italiano) è più diretta ed efficace perché oltre a comunicare un messaggio è capace di trasmettere un’emozione, l’enfasi del parlante, il sentimento in maniera genuina. Che cosa ne pensa di ciò e del dialetto in generale? Ha mai scritto nulla in dialetto?
AS: Sì, il mio amore per il vernacolo è risaputo. In effetti scrivo in dialetto, mi piace parlare correttamente e scriverlo anche. Ho letto e leggo taluni autori famosi che hanno scritto in vernacolo: Salvatore Di Giacomo, Ferdinando Russo, De Curtis in arte Totò, Eduardo De Filippo, Giovanni De Caro, Renato De Falco ed altri. In futuro, credo, di voler realizzare un libro in vernacolo, su concetti ben definiti. E’ risaputo che il proprio dialetto, come quello di Trilussa e Belli siano stati dialetti di una grande cultura sociale e ambientale. Ma, parlando, del vernacolo, anch’esso, non di meno, possiede in realtà delle forti sfumature espressive; specie, nella pronuncia, con l’uso corrente di vocaboli e parole veraci, direi, straordinarie, che sanno trasmettere, sin da subito, intense emozioni, così belle, calorose, davvero, irripetibili nell’altra lingua, in italiano.
LS: Se le nominassi Pier Paolo Pasolini, Sandro Penna e Antonia Pozzi, tre grandi poeti del secolo scorso, quale sceglierebbe e perché?
AS: Sono tre grandi autori, speciali, di straordinario interesse culturale. Essi hanno saputo coniugare al meglio i loro intensi percorsi di vita. La loro preziosa scrittura risalta fortemente, i vari contesti socio-politico, ma anche quelli ambientali, sia pure in maniera differente. Infatti, le loro opere letterarie hanno risentito di quel forte impulso espressivo dei vari periodi di vita vissuta; proprio come gli scrittori e i poeti contemporanei di questo secolo, impegnati a scrivere o a produrre nuovi lavori. A mio parere, li accomuna assieme il grande amore per l’arte: il giornalismo, la bella poesia, soprattutto. Tuttavia, la mia sottile preferenza mi dice che Pier Paolo Pasolini sia stato molto più incisivo e poliedrico nella varietà delle sue straordinarie opere letterarie lasciate, come: regista, poeta, scrittore e narratore. Egli, dunque, è stato un sagace interprete, dei tempi, in assoluto.
LS: Per ritornare alla poesia, quanto è importante il tema del paesaggio, del mondo naturale e popolare collegato al luogo delle proprie origini, secondo Lei nella poesia in generale? E nella sua poesia in particolare, la città di Napoli, con i suoi colori e le sue tradizioni, quanto compare o quanto è presente non vista, dietro ai suoi versi?
AS: Io posso ritenermi fortunata di avere le radici napoletane di una città, a dir poco, meravigliosa, così presente e viva nel mio cuore. E’, ormai, risaputo che Napoli è conosciuta ed è apprezzata in tutto il mondo per le sue bellezze naturali, per la sua bella, profonda cultura, così straordinaria; vanta un mito di numerosi artisti, bravi attori, ottimi poeti, e musicisti. I bei luoghi della mia città, in effetti, sono quasi sempre vivi, ossia, presente, nei versi e in diversi scritti. Non riuscirei mai a staccarmi dai luoghi che mi hanno visto crescere, con tante belle speranze e amore per l’arte, in particolare la poesia.
LS: Quali sono i progetti letterari che attualmente la vedono impegnata? Sta scrivendo un nuovo libro? Se si, può anticiparci qualcosa?
AS: Sì, esattamente, sono già pronta a presentarmi con un nuovo libro, di Poesie moderne, ci ho lavorato davvero tanto. Questa volta, mi sono immersa con tutta l’anima verso un viaggio straordinario, di terre assai lontane. Un viaggio che avevo, probabilmente, già dentro di me, e potrò finalmente realizzarlo. Infine, con le sillogi poetiche, vorrei prendermi una pausa di riflessione. Ho già in mente di occuparmi, finalmente, di cose nuove e diverse che avevo già scritto, ma le avevo poi accantonate nel tempo, non per pigrizia.
Anna Scarpetta
Novara, lì 21 Settembre 2014