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Lorenzo Viani, Ceccardo

Creato il 21 maggio 2013 da Paolorossi
Monte Altissimo in una foto del 1907 tratta da

Monte Altissimo in una foto del 1907 tratta da “Versilia duemila anni di marmo” Il Tirreno

Ceccardo Roccatagliata Ceccardi nacque nel 1872 in Ortonovo, un borgo alpestre del Carrarese di fianco al Gabberi di Giosuè Carducci, che si accampa nell’aria come un enorme casco «con la visiera e il nasale». Dall’umile crocchio di case della natia Ortonovo al massiccio azzurro del Gabberi, si distende la poderosa criniera dentata delle Apuane: il Carchio dilaniato come il cuore di Prometeo, la Tambura ardua, la Pania aerea e l’Altissimo, dal gigantesco schienale di pietra; e sotto, l’oscura solitudine dei monti «che in onde brulle» giù per valli di ulivi digradano nel piano ove Luni è sepolta, tra il foscheggiar cupo della selva Feronia, e più in là il mare.

Le grandi ombre di Michelangelo e Dante ferirono il cuore del poeta giovinetto. Poichè fu nell’Apua che i due grandi ebbero le visioni più terribili. Il primo pensò di tramutare a colpi di scalpello la doppia vetta di Crestola in una vasta faccia ed in un faro (a giorno il monte, divenuto persona, a notte il faro dovevano annunciare ai veleggianti il Tirreno). È questo il luogo d’Italia ove, come da Paro, gli uomini traggono il marmo per esaltare gli Iddii e gli eroi!… Chiarì Dante di particolari l’idea della sua cantica dolente allorchè s’inerpicò per quei ripiani di dirupi alla grotta di Aronte? — si chiedeva più tardi il poeta pensoso.

Dopo qualche secolo un’altra ombra migrò in quel grembo di alpe: Carlo Cafiero!

Tutta l’Apua rosseggiò al fuoco della sua parola: il fuggitivo della sapienza e della ricchezza, tra quella libera plebe operosa gridava che ogni uomo doveva essere a se stesso Re e Dio! Il poeta giovinetto ricordava di aver veduto nel borgo di Ortonovo quella rude gente, avvezza allo schianto della mina, piangere come fanciulli alla di lui morte.

Più tardi, in Fossola, i vecchi anarchici lo ricordano, un giovinetto sceso a piedi dalla solitudine del suo paese, si alzò di sopra una folla ivi convenuta per commemorare il Grande e parlò con parola alta e solenne: era Ceccardo!

(Lorenzo Viani, Ceccardo)

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