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Lorenzo Viani, Il Santo dei pescatori nel torbido

Creato il 13 maggio 2013 da Paolorossi

Darsene - 1 - Velieri - NVI-03-11-1994 marI pescatori amano le acque torbe. Dicono quelli di fiume: «Fiume torbo, guadagno di pescatori »; e quelli di mare: «In pelago   chiaro non pescare»; massimamente i pescatori di canna, a traina, coi tramagli, i presacchi, le lenze, le bilance, le fascine, a mazzacchera. Il giorno di Sant’Andrea è il loro giorno: la chiesa del Santo scampana a festa, i ceri votivi ardono davanti al quadro collocato sull’altar maggiore. Figure tarchiate, aduste dalla salsedine, dalle lunghe barbe apostoliche, con gli occhi abbassati ed umiliati, entrano devote nel tempio dai colonnati fioriti di capitelli dorici tuffano la mano, rassodata dalla scotta e dalla barra, nella piletta dell’Acqua Santa, si raffreddano la fronte bollente e s’inginocchiano sulle pietre. Sono i pescatori rivieraschi e quelli di San Benedetto del Tronto, dai profili michettiani, che han portato su questo mare le vele ardenti come fiamme. Prima di salire le scalinate del tempio, si son tolti il cappello per devozione alla statua dell’Apostolo pescatore, di marmo  statuario, che campeggia di sull’attico nel cielo, tra le statue della Carità e della Speranza, scalpellate al tempo che il mare placido batteva qui vicino. Il Santo protettore dei pescatori sta lassù, nella gloria del cielo, tra la croce e l’ancora, simboli di rassegnazione e di speranza.

Abitanti - Pesca - Egidio Petrini a pesca di arselle - VI-2-15-1990 gen

Pescatore di arselle – (Foto tratta da Viareggio ieri N.15-1990 gennaio)

Speranza e rassegnazione sostengono i pescatori di arselle, che vanno sulla battima con il rastrello pesante e la zucchetta dell’acqua, dalla foce del Serchio a quella della Magra, e nelle crude giornate invernali, quando il mare è d’acciaio freddissimo, s’immergono fino al petto, arando il fondo del mare per delle ore, e poi, fradici mézzi, ritornano col sacco pieno alle loro casupole. Dalla rassegnazione e dalla speranza debbono essere ugualmente sostenuti i pescatori a mazzacchera, che da loro stessi, cupi e fermi, si sono dannati nei cantacci delle darsene, dove le anguille della palude – passata la gran callaia delle cateratte, che aprono le nere mandibole chiavardate quando le acque del mare s’abbassano, – si riducono per pascolare gli spurghi delle navi. Il pescatore a mazzacchera, al mattino, con la zappa alle spalle e una bisaccia, è andato sui cigli delle fosse palustri per togliere dalle zolle capovolte i vermi che, aggroppati in fondo al filo della canna, sono ghiotta esca per le anguille di calata. Il pescatore d’anguille deve aver polso fermo e sensibile, che l’anguilla preda a boccate e non lascia quel che ha abboccato, ma bisogna staccarla con avvedutezza chè altrimenti risguscia nelle acque torbe. La pesca deve essere una vocazione anche. Piove a rovesci; i canneti salvatici, sotto il vento, fischiano come groppi di serpi; al di là della muraglia il mare muglia come una belva incatenata; il pescatore d’anguille sta fermo sul pietrato, come una colonna d’attracco con una testa d’uomo. I capelli bagni gli leccano il dente cervicale; i panni gli stanno addosso come gli stracci molli che uno scultore mette su di una statua di creta. Il pescatore ha l’ombrello verde incerato; ma lo ha confitto capovolto sulla terra, perchè gli faccia da catino per le anguille ghermite; ed egli prende l’acqua piovana con la impassibilità di un tegolo o di un albero, ed è desto ed accorto, che l’anguilla sfugge anche al pescatore più destro. I pescatori d’arselle e d’anguille debbono essere i prediletti di Sant’Andrea per quella specie d’anticamera della espiazione che si sono da se stessi imposta.

Abitanti - Pesca - 3 - Pesca dei ciortoni in cima al molo- A Viareggio con il treno dei ricordi - Pezzini Editore - 1992

Pesca dei ciortoni sul molo- (Foto tratta da “A Viareggio con il treno dei ricordi” – Pezzini Editore – 1992)

Vi è anche una specie di pescatori dilettanti che i pescatori di mestiere chiamano «governatori dei pesci», i quali, non pungolati da nessuna necessità, stazionano a giornate sane sui pietrali dei moli, sui cigli delle fosse, sugli orli delle pescaie «a guatar lo pescio, a gran filo o allo cigolo, o alla lenza, ovvero alla rete, ovvero in alcuna maniera con cui lo pescio si può prendere». Quel genere di pescatori hanno una stretta rassomiglianza con i pittori dilettanti: la loro canna è smontabile e svitabile come il cavalletto da campagna, la borraccia felpata è la medesima di quella dei pittori ad acquarello, il sediolo ripieghevole è identico, e identico è l’amore per l’amenità dei luoghi. Sovente si veggono, spalla contro spalla, un pittore dilettante e un pescatore dilettante, sullo specchio del cerulo mare o di un poetico stagno lacustre, tra ninfee e canneti.  [ ... ]  

Abitanti - Pescatore di cee - VI-2-16-1990 feb

Pescatore di cee – (Foto tratta da Viareggio ieri –N.16-1990 febbraio)

Nelle sere delle feste al Santo protettore dei pescatori, il fosso-canale, dalle fosse della Burlamacca alle cateratte del Renaio, per tutto il suo lungo corso serpentino, è una luminara di lanterne ad olio, che si allineano come le poste di un lungo rosario. Sono i pescatori, – i più meschini e tribolati, – delle anguille cieche, vecchi, ragazzi, donne, uomini, che aspettano «lo scuro di luna», chè le armate fittissime delle anguille, ferme sulla foce, non iniziano la marcia dal mare ai fossati della palude per maturarvi e ritornare al mare brunite, se la luna veleggia nel cielo. Appena l’ultimo falcetto di luna recide il tremulo orizzonte e si stempera del tutto nell’acque fredde, le armate, ferme giù nell’imo misterioso, si muovono a scaglioni, compatti. Le miglia di lanterne fanno abbacinare questo sterminato esercito, rattorto in sè come un colossale canapo d’argento, lo scompigliano, lo deviano: percosso da lunghe aste, sulla cui cima è congegnato un setaccio di fittissima rete d’acciaio attrezzato su una grande centina rotonda, l’esercito retrocede, riavanza, si sbanda, fugge, s’affonda: i larghi setacci ribollono di anguille che fanno la schiuma come il mare; i canestri foderati di iuta son tutto un brulichìo schiumeggiante. Per tutto il corso del fosso-canale è un percuotersi di aste, una schermaglia secca con urli concitati e imprecazioni. La nuova che l’esercito ha iniziato la marcia e avanza in disordine si diffonde in un attimo, dalla foce alle cateratte, e tutti, come guerrieri predaci, aspettano con l’asta in resta il passaggio delle prime «avanzate». Ma se il tempo non è propizio, il mare è mosso, e la luna s’attarda a calare e si rifrange, si moltiplica sui flutti palpitanti, e dal setaccio del cielo filtra un’acquerugiola fine, di quelle che bagnano l’ossa, molti pescatori si sdegnano; raccolti gli arnesi, a piccole armate, si riducono verso le loro casette, mettendo sulle vie del vecchio paese una moltitudine di Diogeni con la lanterna e il canestro. In quelle sere, le anguille cieche passano a piccoli scaglioni isolati, come soldati dispersi, e spesso i pescatori pescano acqua salata. Soltanto i passionisti disperati rimangono, in quelle sere, sul pietrato, o che piova e soffi il vento, o che i brezzoni invernali strinino la pelle. Questi uomini salcigni, intabarrati nei cappotti di casentino del colore delle vele, con in bocca i cannucci delle lor pipe di terra, rosse come il mattone, si raccolgono intorno a un focherello che arrossa i lor visi rubesti, alimentato dai detriti marini. A intervalli brevi qualcuno di loro immerge la lunga asta nel fondo del canale, ara per un buon tratto rasente la muraglia, ma non aggalla che acqua schietta; allora ritorna al fuoco a favellare della tribolata vita dei pescatori. Molti di questi vecchi pescatori svernano sul pietrato. Le anguille iniziano il passaggio ai primi geli e lo terminano là verso marzo. Quando sui monti si scorgono i primi chiarori, essi ritornano alle loro case; con la luce le anguille scompaiono nel profondo; i vecchi ritornano ai loro posti, quando le arie ricominciano a farsi brune.

Darsene - 1 - Velieri - NVI-03-11-1994 mar

Darsena – (Foto tratta da Nuova Viareggio Ieri – N.11-1994 marzo)

Mercato del pesce - NVI-03-11-1994 mar

Mercato del pesce – (Foto tratta da Nuova Viareggio Ieri –N.11-1994 marzo)

All’ora in cui, invelati o spinti dai motori ausiliari, ritornano i bragozzi, tutto il canale è uno sbatacchìo di vele. Se la pesca è stata miracolosa, sui paglioli e in coperta c’è una stenderia di corbe incuneate di pesce fresco e colorito. In quelle sere di fortuna i pescatori sono giulivi, come dei miracolati, alla scotta e al timone. Le donne nostrali, tutte vestite di nero, con la pezzuola nera annodata sotto l’ossa del mento, con aspetto monacale, stan ferme come statue; quelle di San Benedetto, dai vestiti sfarzosi e colorati, con le pezzuole a fiorami rossi calate sul collo gagliardo, il viso forte balenante pei larghi pendenti a cerchio di luna d’oro, loquaci e vive, salutano con urli di gioia i propri uomini. Le corbe vengono allineate sul pietrato, che diventa fantastico come il fondo del mare: saraghi d’argento, ciortoni, il cui dorso rammenta il cielo stellato, triglie e fragolini tinti di sangue vivo e di rosa, ghiozzi dal labbro fesso e leporino, gronchi, serpentelli marini celesti, alici e sarde agre come il blu di Prussia, razze cartavetrate, morene serpentate di giallo e d’ombra terragna, orate lucenti, ombrine battute d’acciaio e d’argento, seppie di umor nero, pesci San Pietro, corazzati di squame solide e cangianti, dal tondo occhio dorato, polipi. Al di sopra di questa grazia di Dio, oltre le vele e i tetti, quasi a protezione di tutto il paese, domina, di sull’attico, la statua di Sant’Andrea tra la croce della Carità e l’ancora della Speranza. I pescatori dell’anguille cieche, i più meschini e tribolati, a quest’ora, ritornano verso la foce sostenuti dalla rassegnazione, confortati dalla speranza, ad aspettare, al posto conquistato, che la luna, già larga nel cielo, si tuffi nel mare placido e senza vento.

(Lorenzo Viani,  Il nano e la statua nera)

Mercato del pesce - Oggi

Il Mercato del pesce oggi è  il Museo della Marineria


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