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Lorenzo Viani, Le Vie – Parte Terza

Creato il 15 maggio 2013 da Paolorossi
Piazza Garibaldi e via S.Francesco (Foto tratta da Nuova Viareggio Ieri N.11-marzo1994)

Piazza Garibaldi e via S.Francesco (Foto tratta da Nuova Viareggio Ieri N.11-marzo1994)

Verso il 1815, quante cose son mai accadute in quell’anno napoleonico, la sorella del Còrso, Paolina, la vaga Paolina, fe’ costruire un suo palazzo ai margini estremi del paese, dove rompeva il mare. La via si chiamò Paolina, la piazza ed il parco. In tutto il travaglio del Risorgimento, congiure, rivolte, insurrezioni, rivoluzioni, guerre, il paese arrestò il suo sviluppo. Subito dopo, fu tracciata la Via Grande e i Giardini: agave verdi, carnose come serpenti, vetrici, salicastri ed eucaliptus contrastarono l’acredine del salmastro. Dopo l’Unità il Piazzone fu battezzato Piazza Cavour, la Piazza Grande: Vittorio Emanuele; i Giardini: Massimo D’Azeglio. Un trapezio erboso tra la calata ed i Giardini: Piazza Garibaldi; la via rasente il molo si denominò Rosolino Pilo.

Qualche tempo dopo, quelli della sinistra storica sbattezzarono Via della Pineta e la riconsacrarono col nome di Giuseppe Zanardelli. L’Amministrazione decretò che la Via della Stella fosse intitolata a Umberto I. I radicali vollero la loro parte e fecero stampare il nome di Felice Cavallotti sulla Via Grande, i repubblicani quello di Antonio Fratti sulle targhe di Via del Giardino.

Piazza Garibaldi oggi, con il monumento ai Caduti di Lorenzo Viani e Domenico Rambelli inaugurato il 3 luglio 1927.

Piazza Garibaldi oggi, con il monumento ai Caduti di Lorenzo Viani e Domenico Rambelli inaugurato il 3 luglio 1927.

Certi addottorati eclettici eclissarono la Via della Luna col nome solare di Niccolò Machiavelli. I liberi pensatori accamparono certi livelli sulla grande anima di Shelley: «Annegato in questo mare, arso in questo lido, lungo il quale meditava una pagina postrema al Prometeo liberato», e vollero intitolata al suo nome la Piazza Paolina.I marinai si ostinavano a chiamare piazza del «Mirto» il Piazzoncino che era davanti al Palazzo dei Borboni, malgrado che nel centro frondeggiasse un platano dalle rame ritorte come un gigantesco candelabro. L’intervento risolutivo di quelli delle «Regie Stanze» spezzò l’equivoco, imponendo alla Piazza il nome stimato di Alessandro Manzoni.

Piazza del Mirto ieri,  (Foto tratta da A Viareggio con il treno dei ricordi – Pezzini Ed. 1992)

Piazza del Mirto ieri, (Foto tratta da A Viareggio con il treno dei ricordi – Pezzini Ed. 1992)

Uomini su uomini crescevano in reputazione e dignità, ma le vie del paese non crescevano di pari passo e mormorazioni serpeggiarono per le sconsacrazioni e i battesimi. Al paese, fin dal tempo che era composto di quattro case, soggiornò, estate inverno, negl’intervalli che gli concedevano le cure politiche, S. E. Michele Coppino, ministro della Pubblica Istruzione. Egli abitava oltre canale una casetta, nel cui giardino ramificava un lauro che diffondeva, tutt’intorno, un acuto odore di gloria. Nelle darsene cantavano le vele, sui ponti strepitavano i mazzuoli dei maestri che calafatavano il fasciame delle barche. Il bosco imminente dei Borboni ombreggiava un vialone deserto come quelli che rasentano i muri cipressati dei camposanti. La gentugliora, che non aveva mai visto da vicino un ministro, s’aggirava alla lontana intorno a S. E. e se lo accennava quasi incredula. Egli portava un cilindro opaco come un tubo di stufa e un paio di lembe nere precipitate in verde; i calzoni a righe, presi dalla serpigine, si rimboccavano sulle scarpe che nel passo lento e pacato parevano sbattolare alla terra: tu a me e io a te. Il viso di S. E. era olivastro, un occhio gelato, uno spento; smaltati entrambi dagli occhiali a stanghetta. Una mucchiata di capelli si fondeva con le basette ragguardevoli. Il ministro, mani annodate sul dorso, passo lento, testa che lentamente serpeva ora a destra ora a sinistra, si recava sotto il ventre delle navi in costruzione, elevate su ceppate altissime, domandava ai maestri il nome or di questo ferro or di questo pezzo. Pochi intimi varcavano la soglia della casetta; uscendo non stavano più nei panni. Gl’intimi, valicando il ponte levatoio, parlavano come congiurati: Bisogna intitolargli una strada. Ma le vie del paese erano tutte battezzate e non sarebbe stata tollerata un’altra sconsacrazione.

Piazza Manzoni oggi. Alberi abbattuti e mai rimpiazzati.

Piazza Manzoni oggi. Alberi abbattuti e mai rimpiazzati.

– Aspetteremo.

I nemici giurati dei «consorti», tanto sospettosi che parevano udire anche nascere l’erba, trapelato il proposito degl’intimi, una notte memorabile impiastrarono su i muri del paese un manifesto alla macchia, che fu tosto stracciato. Un collezionista di francobolli, a cui furon portati dei frammenti del manifesto incriminato, riuscì a ricostruirlo in parte e a decifrarne alcuni periodi: «L’exseminarista Michele Coppino erudito, letterato, sofista, chiarissimo, commendevolissimo, leccato, lambiccato, stiracchiato, dicitor d’artifizio… regio professore di regie lettere, nella regia Università di Torino, membro straordinario del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione… sotto cui Romagnosi leggeva l’impetramento dei cuori… sofista…».

– Ma cosa è mai questa sofisticheria?

– Sofista? Chi non è mai o difficilmente contento, che trova a ridire su ogni cosa, criticone: cavillare, cercare l’aspro nel liscio, cercare il pelo nell’uovo, fisicare sul sottile.

– Ma allora, ne abbiamo assai di quelli nostrali.

Con l’andare del tempo nel bosco borbonico fu fatto un taglio raso e il folto dei pini cadde come sotto l’uragano marino. Su quel terreno sorsero case e ville per tutta la lunghezza del viale dai monti al mare.

– Ricordate che qui, in questa casa, abitò ai tempi dei tempi, un ministro?

– Precisamente: Michele Coppino

Il viale, tutti consenzienti, fu battezzato col suo nome.

Via Coppino oggi

Via Coppino oggi

Non trovò contrasto veruno l’idea d’intitolare al maestro Giacomo Puccini, vivente, una via del vecchio paese. La scelta cadde su quella del Fabbretto, via chiassosa di popolo minuto, chiusa tra l’antico Monte di Pietà e i Macelli. La via non dispiacque al maestro il quale vi transitò spesso giocondo, riducendosi alla quiete di Torre del Lago. Nei pressi della via Giacomo Puccini rumoreggia il vicolo Del Signore: non del Nostro Signore. Il Del Signore, ricco sfondato, comperò le catapecchie del Caruglio e da ravvilite di prezzo che erano le portò al cielo: su una fece murare la targa col suo nome.

– Dove abiti?

– Nelle case Del Signore.

– Povero cristo!

(Lorenzo Viani , “Le vie” da Il Nano e la statua nera)

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