Viareggio – Torre Matilde – Foto tratta da Viareggio Ieri -N.19- settembre 1990
Quando nel mio paese, a quei tempi popolato di pescatori, di naviganti, si sparse la voce che io partivo per Parigi, la gente rimase attonita.
[…] Quando tutti capirono che darmi dei consigli era lo stesso che pestare l’acqua nel mortaio, si trovaron d’accordo e ordinarono una cena alla trattoria di “Amedeo”.
Nel salone della trattoria di Amedeo, quella sera, eravamo una tavolata. Marinai non ce n’era nemmeno uno; loro sguazzano quando son di viaggio fresco e di tasca addocciata, ma, anche allora, non si allontanano dalle bettole lungo il canale, perché lì il vino schiacciarello, il baccalà col pesto e l’acqua pazza san di pesce e di mare.
Quando partono, parton taciturni, di consueto al vespero; la barca è ormeggiata all’ultima colonnetta del molo, il sole, irradiando, l’avvampa d’oro. Il commiato dalle famiglie è pacato e sereno come tra gente che segue una linea tracciata dal destino.
Invece quella sera da Amedeo ci fu, come suol dirsi, bufera. Amedeo, un bell’omaccione grande e grosso, dal cuore largo quanto le spalle, con gli occhi lucidi e chiari, pesava un quintale e mezzo. Era l’unico in tutto il paese, che non aveva fatto il passo dell’uscio: il più difficile. Artigiano della pialla e del seguretto, quando, per la sua corporatura greve, dovette da falegname trasformarsi in trattore, l’ultimo lavoro che fece fu la sua cassa da morto: la tagliò in un troncone di cipresso che, da anni, stagionava in bottega e la teneva a portata di mano sotto il suo letto. In camera di Amedeo ci sapeva dell’aroma pungente e amaro delle coccole che tonfan sotto i muri dei cimiteri dagli alti cipressi.
Amedeo da giovane aveva abbracciato “l’Internazionale” e, benché vestisse sempre di nero, ripeteva sovente a noi che eravamo delle frasche:
« Mi son vestito di rosso a diciott’anni e ci muoio! ».
[…] Fu lui solo che mi disse:« Vai! Parigi è il cervello del mondo! ».
Nel corridoio dell’osteria c’era il mio sacco in posizione di via, lì da Amedeo si doveva aspettare l’ora del treno che era oltre la mezzanotte. Amedeo non aveva fatto a carestia di vino: ce ne fu a ritrecino. Quando la Torre suonò i dodici tocchi della mezzanotte qualcuno ne contò ventiquattro. Quando uscimmo uno ruzzolò sul sacco, qualche altro si stincò sugli scalini, e chi fu varato fuori e come un parabarche, andò a catafascio sul ghiaino.
[…] Un amico che si era caricato il mio sacco sulle spalle, mi domandò se c’era dentro del piombo. I bastimenti, al flusso e riflusso delle bocchette nelle darsene, si investivano uno contro l’altro; le vele, mosse dal vento fresco, cantavano sbatacchiando le antenne; le chiaviche rantolavano nei cantacci, il crocchio delle casette, fra le quali c’era la mia, si vedevano al di là delle antenne e delle vele; la facciata del mio vicinato era illuminata da una lanterna di un’osteria, dove, dopo la mezzanotte, si appisolavano i guardiani. L’unica finestra accesa in tutto il casamento era quella di mia madre.
Viareggio – Stazione Vecchia – Foto tratta da Nuova Viareggio Ieri -N.12-settembre 1994
Di sulle gobbe oscure delle montagne stupì tutti la luna che, si sulla vetta screziata del Quiesa, si apprestava a prendere il largo del cielo. Di laggiù dai campi, brontolava il treno, le cornette dei casellanti una dopo l’altra, stridevano roche come cornacchie.
« Addio si parte! »
Il vetturale di guardia, desto di soprassalto, schioccò la frusta sul collo della brenna, che scosse il capo intontito e ingozzò la lingua. Un vagabondo che portava i bauli, sdraiato sul marciapiede fe’ a mo’ dei cani: sbadigliò e stiracchiò le braccia. Il vetturale disse al vagabondo:
« E dove va lui lì a perdere la vita? »
Il vagabondo rispose: « E’ quello che si va ad aberintare a Parigi! »
Viareggio – Stazione Vecchia – Foto Archivio e Centro Documentario Storico di Viareggio
( Lorenzo Viani, Parigi, pag.65/68/69 – Arnoldo Mondadori, 1980 )
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