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Lorenzo Viani, Viareggio – I poeti della “vignetta”

Da Paolorossi
Viareggio - Darsena Toscana (Nuova) - Nuova Viareggio Ieri -N.18-marzo 1997

Viareggio – Darsena Toscana (Nuova) – Nuova Viareggio Ieri -N.18-marzo 1997

Bisogna proprio dire che la “Vignetta” di Viareggio è stata ferace di cuori avventurosi, di anime eroiche e di uomini duri, amanti del bel canto. Si chiama “Vignetta”, qui, la Darsena nuova interchiusa, tra il canale della Burlamacca, il viale Coppino, la caserma della Marina e il campo Polisportivo. Vanamente, però, in questo piazzale – assaettato di tronchi d’alberi centenari,  d’antenne d’abete trentino,  di caldaie di pece bollente, di forge, di paranchi, cavi, vele distese ad asciuttare, reti, ancore e timoni – cerchereste una sola radica di vite o tralcio di sarmento.

Della vigna c’è rimasto soltanto il nome; ma vi sono tante rimescite di vino: vino gagliardo governato con mosti isolani, vino isolano schietto dell’Elba e d’Ischia e di Sicilia. Ma i vecchi carpentieri e i decrepiti magnani asseriscono che, ai tempi dei tempi, la “Vignetta” fu ferace d’uve, e di uve salmastrose e ferrugginate. Il vino della “Vignetta” ebbe grande rinomanza per le sue virtù fortificanti e ricreatrici. In «Vignetta» sono nati o cresciuti tutti gli eroi viareggini, vecchi e dei giorni nostri.

Viareggio - Darsena Toscana (Nuova) - Nuova Viareggio Ieri -N.16-gennaio 1996

Viareggio – Darsena Toscana (Nuova) – Nuova Viareggio Ieri -N.16-gennaio 1996

[…] «Pezzo duro» trovava grande conforto nella poesia; a quei tempi egli era uno dei più appassionati improvvisatori della «Vignetta», e ce n’era di bravissimi.

[…] Mentre lavorava al tornio, un vecchio tornio a pedale («Il tornio cammina, e mai si stanca, – però si ferma quando un pie’ gli manca»: anche questi versetti sono di «Pezzo duro»), torniva rime roteanti sulla puleggia rovente del proprio cervello.

[…] Dirimpetto alla bottega di «Pezzo duro» c’era l’officina di Tonin Giorgetti, fabbro, il quale sull’incudine sonora martellava versi che parevano incisi: «Rise tre volte il cielo ed altrettante – fin dai cardini suoi, tremò l’Averno». I figli di Tonin Giorgetti, Telemaco, Pindaro, Omero, Mentore, fabbri come lui, l’ascoltavano fieri e talvolta gli facevano il coro. Dopo l’abbozzo e la martellatura, Tonin Giorgetti, poeta di più vasto impegno di «Pezzo duro», sottoponeva il getto all’opra paziente della lima; ma la lima dirugginiva i versi (lima dell’intelletto, naturalmente), nella rimescita dell’Assuntina di Darsena, o alla Marianna di Fredianetto, o ai tavoloni della «Piera di Sagrino», dove facevano i ponci alla fiamma, ardenti come le faci che i giovani Greci si commettevano da una mano all’altra: i ponci che stanano la poesia anche se s’è ricettata nelle tufose ossa del teschio.

Tonin Giorgetti, fabbro, limava i suoi versi in cima di tavola; e «Pezzo duro», tornitore, li torniva in fondo; lima e tornio andavano a spirito, zucchero bruciato e caffè tostato.

«Acque lucenti sterminate e chiare… – e a poppa stava il celestial nocchiero – e più di cento spirti entro siedero», si borbottava in cima di tavola; e in fondo, in corpo a «Pezzo duro», pareva bollisse una pentola: «E mi avvicino lemme lemme, – fino a le porte di Gerusalemme».

Dopo, testimoni Tonin di Tista, Fortunato di Papazzino, Drea di Tramonte, Giovanni delle Bettole, Giando di Sorbano, Rosso di Patacchino, il Vandalo, avvenivano le «singolari tenzoni».

– Bada che ti sfido a singolar tenzone – diceva Tonin Giorgetti.

– E io accetto la disfida di Barletta – rispondeva «Pezzo duro». E Barletta richiamava il vino ferrato di Trani e di Bisceglie.

«Domine non son degno – la poesia ha rovinato più di un legno».

– Sono gli ultimi versi scritti da tuo padre – ha detto un vecchio ad Alessandro di «Pezzo duro», che ascoltava attento il racconto.

– È vero: quando a mio padre gli sfrullavan per il capo i versi, torniva, e torniva tanto che di una puleggia faceva una trottola. Una volta mio padre accettò la sfida di rimare con fegato e nessuno di noi ci faceva più vita. – Trovatemi una rima con fegato – diceva egli concitato.

– Segàto – si rispondeva noi.

– Badate che v’accento il capo con un nocchino.

– O che noi siamo poeti?

Un giorno, mio padre torniva con la zampa e col cervello, legno e versi; a un tratto, dette una pedata al pedale e il vettone d’ontano percosse il soffitto:

– Se al delegàto si potesse dir delègato, Avrei rimato con fegato.

 

(Lorenzo Viani, I poeti della “Vignetta” – Il nano e la statua nera – Vallecchi 1943)

Viareggio - Darsena Toscana - 2013

Viareggio – Darsena Toscana – 2013

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