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Lorenzo Viani, Vituperio e i primi disegni

Da Paolorossi

La definizione giusta del mio padrone, parrucchiere teatrale e pedicure, era quella che aveva dato la sua legittima consorte Caterina: - Vituperio.

Dunque con un vituperio trascorse buona parte della mia adolescenza. Ma la mia adolescenza come la mia infanzia non fu nè vaga nè indefinita. Poche idee, ma determinate.
Ero sicuro che non avrei per tutta la mia vita sbarbato volti e tosato zucche. Toccare quei visi setolosi, mantrugiare le guance impolpe di saponata, - allora s'insaponava a mano, ponendo un bacile sotto la gola del cliente - mi dava ribrezzo. Le poltrone della bottega erano patibolari, perniate su di un maschio d'acciaio giravano come ruote di stovigliai, l'appoggia teste, imbottito di capecchio, era dentato e graduato: alzandolo sgranava una raffica di mitragliatrice: quando i clienti v'erano sopra parevano sul patibolo. [...]

Nei tedi invernali io disegnavo. Disegnavo a memoria di tutto un po'. Si cominciò a vociferare che io avevo talento per la pittura. Le mormorazioni giunsero anche agli orecchi di mio padre, il quale una sera vedendomi disegnare disse con tono doloroso:
- E un'arte da ricchi.
Per la bottega c'era sempre un gobbo benestante che faceva il paino, si lisciava, s'intorchiava i baffi e si arricciolava un neo al quale teneva più che ai suoi occhi.
Un giorno egli mi disse:
- M'hai a fare il ritratto!
- Benone - risposi.
- Ma intendiamoci - e il gobbo schiacciò un occhio.

Io, capita l'antifona, lo disegnai dritto come un cero. Lui, delirante, l'inquadrò e sparse la nuova in tutto il paese, asserendo che se io avessi studiato sarei diventato un secondo Raffaello Sanzio da Urbino.

Allora mi capitò di fare l'ingrandimento a una bimba morta; nel mio disegno sembrò viva a suo padre. La mia reputazione cresceva a vista d'occhio. Mio padre volle che facessi a penna l'ingrandimento dell'arciduca Salvatore. E io lo feci.

Poi feci il ritratto del maestro Giovanni Pacini e ci scrissi sotto a stampatello: "L'immortale autore della Saffo". Il ritratto del maestro fu esposto nella vetrina di un pannarolo e fu lodato dal popolo e dal Comune da cui ebbi un sussidio di ottanta lire annue.

Fu la prima volta che lessi il mio nome stampato su per i giornali: "Cittadini che si fanno onore".
- Ah peccato, ah peccato!...
- Perchè?
- Come, non lo sapete?
- No.
- Ha sposato l'idea della "Spartana". Quello finirà in un fondo di galera: altro che Raffaello!
Io, che avevo ritagliato il pezzetto del giornale in cui era scritto il mio nome, quando ero lontano da tutti, sul mare, lo toglievo da un portafoglietto che avevo e lo leggevo per delle ore intere.
E concludevo: E pure di lì ha da venire!

( Lorenzo Viani, tratto da "Il figlio del pastore", 1929 )

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