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Lost girl (ロストガール, Lost Girl). Regia, soggetto e sceneggiatura: Yamaoka Daisuke; fotografia: Kunimatsu Tadanori; interpreti: Watanabe Makiko, Yamamoto Hiroshi, Tanabe Manami, Ishikawa Ken, Nobukawa Seijun; produttore: Irimajiri Shōko per Mountain-Cross; durata: 63'; uscita: 14 febbraio 2009Link: Sito ufficiale - Mark Schilling (Japan Times)PIA: Commenti: 2,5/5 All'uscita delle sale: 53/100Punteggio ★★★
Kyoko, una abile cuoca, gestisce con il marito e un altro socio un ristorante di successo ma quando una cliente finisce in ospedale per un cibo avariato, lei viene ritenuta responsabile e cade in depressione. Rinchiusa nello sgabuzzino di casa, si perde in una spirale bulimica nutrendosi di cibi-spazzatura e rifiutando i manicaretti che il sollecito quanto ansiogeno marito prepara per lei. Tenta più volte di tornare al lavoro ma si scontra sempre con la resistenza del marito e dell'altro socio, che ritengono il suo disordine alimentare e mentale nocivo per l'immagine del ristorante. Lascia il marito, fugge da un'amica, cerca un lavoro altrove, finché trova la forza di ricominciare a vivere lavorando in una anonima trattoria.La trama così raccontata rischia di non rendere giustizia a quello che è un film sentito e acuto sul vuoto comunicativo e sulla confusione sessuale nella società giapponese contemporanea, due temi spesso "dichiarati" ma poche volte affrontati seriamente. La depressione di Kyoko, si capisce pian piano, è sì originata dallo shock della cliente intossicata ma investe anche la sfera degli affetti e dell'identità sessuale. Con il marito non c'è una comunicazione effettiva e non riescono ad avvicinarsi fisicamente. L'amica da cui si rifugia quando fugge di casa, ha con lei una relazione che sembra adombrare tratti di sadomasochismo lesbico. Il marito, peraltro, quando rimane solo, viene ritratto in convivenza con l'altro socio, che a sua volta sembra nutrire, parzialmente ricambiato, sentimenti teneri nei suoi confronti. Il tocco di Yamaoka è lieve, talvolta parodistico ma mai superficiale. Il film si regge tutto sulla grande prestazione di Watanabe Makiko, un'attrice che, come già in Ai no yokan (The Rebirth) o in Toruso (Torso), non ha paura di raccogliere la sfida di parti "scomode", dalle quali esce trionfatrice. In uno spazio astratto di sofferenza situato idealmente tra Yawarakai seikatsu (Its's Only Talk) e Meshi to otome (Food and the Maiden), i suoi rancorosi silenzi dolenti, le sue crisi di vomito e i suoi momenti di gioia sulla scena sono così coinvolgenti che non possiamo non soffrire con lei e esultare per lei. [Franco Picollo]
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