Perdonate il titolo banale e forse fuorviante: in questo post non parlerò di tutto ciò che va perduto durante l’atto traduttivo. Vi spiegherò invece perché non scrivo da novembre, subito dopo aver festeggiato il compleanno del blog.
Beh, in realtà la risposta è molto breve: negli ultimi sei (otto) mesi non ho avuto tempo di dedicarmici. Perché mi sono trasferita a 130 km di distanza con tutto quello che comporta insegnare a Torino un giorno alla settimana e vivere vicino a Pavia il resto del tempo, ma anche – e per fortuna – perché ho avuto molto da tradurre.
Fra i libri su cui ho lavorato in questo periodo, vorrei dedicare un’attenzione particolare a Écue-Yamba-Ó di Alejo Carpentier, e vi spiego subito il perché: questo romanzo ha una storia piuttosto travagliata. Carpentier è l’autore su cui ho fatto la mia tesi magistrale, confrontando le diverse traduzioni esistenti di alcuni dei suoi romanzi. Le prime erano piuttosto vecchiotte, le ritraduzioni, invece, erano a cura di Angelo Morino, il mio professore universitario (e immenso traduttore) scomparso prematuramente nel 2007. Proprio Morino aveva iniziato tempo addietro, insieme alla mia relatrice di laurea Vittoria Martinetto, a tradurre le prime pagine di Écue-Yamba-Ó, primo romanzo di Carpentier.
Questo libro dal titolo così strano non ha visto la luce fino a pochi giorni fa. Con la scomparsa di Morino, il progetto era stato accantonato finché Vittoria non mi ha proposto di tradurlo insieme, per poi cercare un editore che volesse pubblicarlo. L’abbiamo quindi tradotto all’incirca nel 2010, e ci siamo messe alla ricerca di una casa editrice interessata. Einaudi e Sellerio, che avevano pubblicato gli altri romanzi di Carpentier, l’hanno rifiutato perché “poco commerciale”, pur elogiandolo molto (conservo ancora la dettagliata risposta dell’editor di Einaudi che l’ha valutato in termini decisamente positivi. Cito testualmente, sapendo di non fargli un torto: “anche in questo romanzo giovanile Carpentier è già un gigante della scrittura”).
A un certo punto siamo riuscite ad accordarci con una piccolissima casa editrice fiorentina che era molto interessata al libro, ma la Fundación Carpentier di Cuba, che detiene i diritti dell’opera (aspiranti traduttori, ricordate: prima di fare una proposta editoriale informatevi sempre riguardo ai diritti!), non l’ha ritenuta abbastanza prestigiosa per pubblicare un autore come Carpentier.
Insomma, da un lato i “grandi” non lo volevano perché “fuori moda”, dall’altra i piccoli editori venivano scartati perché forse non in grado di pubblicizzarlo al meglio… E così per anni l’abbiamo lasciato nel cassetto, un po’ deluse.
Quando però Lindau, con cui collaboro da diverso tempo, ha inaugurato la collana di narrativa Senza Frontiere, Carpentier mi è sembrato una scelta perfetta e naturale. Il direttore editoriale per fortuna la pensava come me, la Fundación stavolta ha accettato, e così io e Vittoria abbiamo ripreso in mano la traduzione terminata quasi cinque anni prima. Un lavoro gomito a gomito che come al solito mi ha arricchita moltissimo, complicato ma affascinante: ore e ore passate a rivedere, limare, aggiustare, cambiare per poi tornare sui nostri passi, cercare improbabili riferimenti online, decifrare e confrontare.
Il risultato è uscito pochi giorni fa, dopo un’attenta revisione da parte di Paola Quarantelli di Lindau e di Vincenzo Perna, esperto di musica afrocubana (perché sì, nel libro c’è tanta musica, tanto ritmo non solo linguistico), e come potete immaginare ne siamo oltremodo felici. Speriamo che a Carpentier venga finalmente tributato il giusto merito anche per questo romanzo giovanile ma già ricco di fascino.
Morale della favola: non scoraggiatevi mai, una proposta di traduzione rifiutata per anni un giorno potrebbe trovare la sua perfetta collocazione, quella che stava aspettando fin dall’inizio.
Un’ultima cosa: a settembre partirà la nuova edizione del corso online Tradurre per l’editoria. Siccome sono una delle tutor, posso dire di essere molto soddisfatta di come sono andate le edizioni precedenti, e a giudicare dai commenti degli iscritti, che trovate sul sito (e non li abbiamo inseriti noi, giuro!), lo è anche chi vi ha partecipato. Vi invito a consultare il programma se siete alla ricerca di un corso “pratico” ma non potete spostarvi da casa. Questo corso è un altro dei motivi per cui non ho avuto il tempo di aggiornare il blog: è impegnativo e arricchente anche per me.
Spero di riuscire ad aggiornare presto il blog, anche se mi aspetta un’estate di fuoco e niente vacanze. Guardiamo il lato positivo, però: diventare traduttori è possibile, se si ha abbastanza tenacia.