Più guardo le serie televisive e più non posso fare a meno di pensare che dopo “Lost” la lunga serialità non sia stata più la stessa. J.J. Abrams, Damon Lindelof e Jeffrey Lieber sono verosimilmente responsabili di aver cambiato il modo in cui gli spettatori si accostano all’universo telefilmico, e non meno di aver fornito agli autori una nuova chiave di scrittura, che ha sempre più preso piede in Usa prima e in Uk poi. È quasi impossibile non notare che le avventure dell’isola più celebre del piccolo schermo abbiano, di fatto, influenzato gran parte della produzione ad essa successiva in almeno due punti di fondamentale impatto.
In primis è necessario citare il livello di importanza dei personaggi rispetto alla sceneggiatura e, di conseguenza, il ruolo centrale che questi hanno assunto nell’era “post-lost“. Si pensi a serie come “Heroes”, “The Nine”, “Persons Unknown”, “Nine Deegrees”, “Siberia” ecc, che hanno tentato, con più o meno fortuna, di emulare un sistema ben definito. Tutte hanno un cast corale ricco di protagonisti dalle personalità complesse ma ben definite, caratterizzate soprattutto da un’esperienza passata che non fa parte della linea temporale in cui si svolge la serie, ma, non per questo, meno importante dell’arco narrativo presente. In seconda battuta, “Lost” ha influenzato notevolmente anche il modo di concepire la sceneggiatura, o meglio, il tempo della narrazione. L‘uso del flashback (e in parte del flashforward), finalizzato soprattutto a scavare nella vita dei personaggi per cercare nel passato le motivazioni delle loro azioni, è ormai largamente diffuso. E non soltanto nel genere fantascientifico, mistery o adventure, come in “Alcatraz” (prodotto proprio da J.J. Abrams), “Flashforward” o “Once Upon a Time”, sceneggiato da Kitsis e Horowitz, che hanno lavorato alla stessa “Lost”. Si pensi a “Orange is the New Black”, serie rivelazione dell’ultima stagione, che nulla ha a che fare con il sovrannaturale o il mistero, ma che trova gran parte della sua forza proprio nel racconto che fa di ogni suo singolo personaggio grazie all’uso del flashback.
Un altro punto di rottura, che vale la pena prendere in esame quando si riflette sull’eredità di “Lost”, è la commistione di generi che ha caratterizzato la serie, vista negli anni come un’ulteriore caratteristica vincente dello show, da emulare per minimizzare il rischio di flop. Rischio che è comunque sempre dietro l’angolo. È il caso della già menzionata “Siberia”, serie tv il cui pregio maggiore è stato quello di riuscire ad equilibrare una vasta gamma di generi diversi, partendo dall’idea originale di uno scripted reality che si è trasformato prima in mocumentary, e poi in un thriller dalle tinte sovrannaturali e dalle spiccate venature horror. Nonostante l’apprezzabile lavoro, però, nemmeno “Siberia” è riuscito a divenire quel fenomeno che “Lost” è stato per i primi anni duemila, e la NBC non ha ancora sciolto le riserve sull’eventuale seconda stagione.
D’altra parte, ad oggi, appare impensabile (o comunque prematuro) un ripetersi di quel fenomeno che ha coinvolto milioni di osservatori, speculatori e commentatori riuniti intorno al più celebre disastro aereo del piccolo schermo. Chiara Poli, giornalista e guru telefilmica, ha parlato di una vera e propria “Lostalgia“, quel sentimento di vuoto che ha colpito i fan di tutto il globo dopo il finale (acclamatissimo e contestatissimo) della serie che ha cambiato il mondo della lunga serialità. E se è vero che nessuna serie sarà mai come “Lost”, è possibile affermare che l’eredità di Jack e Company è rintracciabile ormai ovunque. Come ogni idea rivoluzionaria, anche quella alla base di “Lost” è stata genitrice di numerosi cloni o aspiranti tali, e ha posto delle radici così profonde e solide da aver costituito un valido spunto anche per telefilm degni di essere considerati, se non proprio eredi, dei nipotini all’altezza delle proprie origini. Non stupiamoci, dunque, se ci troveremo ancora per molto a pensare, di fronte alle serie presenti e future, “questo fa molto Lost”. Siamo solo in attesa della prossima, insperata, rivoluzione seriale.
Un grazie speciale per la collaborazione all’amica e collega Chiara Bua.