Nel silenzio di quasi tutta la scena politica, la spending review dà un’autentica mazzata alla più potente arma contro la criminalità organizzata: la Dia, Direzione Investigativa Antimafia. Nata da un’intuizione di Giovanni Falcone che comprese l’importanza di avere un’unica struttura che raggruppasse Polizia, Carabinieri e Finanza per affiancare i magistrati, ora la Dia rischia seriamente di diventare inefficace.
Il taglio riguarda il Tea (trattamento economico aggiuntivo), detto anche indennità di cravatta, voluto da Gianni de Gennaro per fidelizzare gli agenti e permettere loro di occuparsi a tempo pieno della Dia senza bisogno di secondi lavori. Niente di eclatante (si aggira sui 250 euro al meso), ma comunque importanti per chi di certo non è ricco.
La legge di stabilità del 12 novembre scorso aveva, nel fuoco incrociato di interrogazioni parlamentari e proteste degli stessi poliziotti, decurtato il Tea del 65%.
Ora, in un clima molto più quieto, il Viminale, per effetto della spending review, dovrà tagliare 131 milioni. Il capitolo 2673 del Si.Co.Ge, il sistema informativo di contabilità, riguarda il Dipartimento di Pubblica Sicurezza in cui è incluso il Tea, per il quale la cifra stanziata è di 3 milioni e 665 mila euro, due in meno dei 5,7 promessi. Già oggi i poliziotti sono costretti ad anticipare le spese di missione, d’ora in avanti la vita per loro sarà ancora più dura. La seconda pugnalata è la riclassificazione degli oneri che passano da giuridicamente obbligatori a non obbligatori.
Nel 2001 quando si credeva davvero alla Dia, erano iscritti a bilancio 28 milioni. Oggi invece il personale è sotto-dimensionato di 200 unità, si creano gruppi interforze ad hoc per il controllo degli appalti che si sovrappongono al già esistente osservatorio centrale sugli appalti della Dia e si taglia il Tea, sempre che venga pagato. Infatti sul Viminale pesa un ricorso presentato da 500 agenti che non se lo sono visti corrispondere nel 2011.
Enzo Marco Letizia, segretario dell’Associazione Nazionale Funzionari di Polizia commenta amareggiato:
I provvedimenti del ministero continuano a essere irrazionali e puniscono quelle donne e uomini che più di altri contribuiscono alla confisca dei beni delle mafie. C’è un accanimento contro la Dia, si colpisce la motivazione degli appartenenti che sono stati protagonisti integerrimi delle inchieste più scottanti degli ultimi anni. Ma lo Stato sembra proprio averli abbandonati.
Una Dia più debole in uno Stato che non crede più alla lotta alla mafia.
Fonte: Il Fatto Quotidiano