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L’arte non è comoda, si sa. I dipinti non servono ad armonizzare con i colori dei mobili, e la musica (vera) non serve a coprire il silenzio di fondo. Se Lulu di Lou Reed & Metallica è arte, non è lecito pretendere che sia più confortevole di così. Se invece è solo rock & roll, qualche osservazione la si può portare. Disco sentito, studiato e lavorato da parte del geniale artista newyorchese (è necessario ricordare i Velvet Underground, Transformer, Berlin, RnR Animal, Coney Island Baby, Street Hassle, Take No Prisoners, New York e Songs For Drella?) non è lavoro che si possa liquidare fra le produzioni minori. Intriso dei temi tipici di Lou, è dedicato al personaggio letterario di Lulu, santa e puttana, in qualche modo affine alla Caroline di Berlin, mentre musicalmente vorrebbe essere estremo come il folle feedback di Metal Machine Music. Nella pratica è un disco dalle sonorità nude e crude di New York, reso un po’ più estremo dalla deriva haevy metal della band che lo accompagna, i Metallica, che pure fanno un’ottimo lavoro a livello di ritmica (solida come una roccia) e di chitarra, mentre diversi archi provvedono qua e la ad abbellire il quadro. Lou Reed più che cantare tende a recitare, lunghi e lunghissimi monologhi sulla base musicale che spesso sembra limitarsi ad accompagnarlo. Il risultato mi ha paradossalmente portato alla mente il lavoro di un altro musicista, lontanissimo geograficamente e culturalmente, quel John Trudell pellerossa che con una vociona alla Reed recita su un accompagnamento musicale rock. Comunque, per farla breve, se Lulu è solo rock & roll è esagerato: troppo lungo. Troppi brani (per la bellezza - si fa per dire - di ben 2 CD), alcuni riusciti, altri solo abbozzati, sempre eccessivi. I testi, ammetto la mia colpa, non li ho seguiti, perché non ho voglia di splatter, di sangue e di smembramenti. I pezzi sono talora indovinati, ma esagerati: Brandemburg Gate introduce bene, semplicemente ma bene. The View è il singolo, un originale, cattivo e lucido riuscito mix di Reed e haevy metal. Pumping Blood è brutta, Mistress Dread insopportabile: vorrebbe citare musicalmente dissonanze elettriche dei Velvet che però erano ben altra cosa. Iced Honey un bel rock & roll. Cheat On Me, undici minuti, è ispirato ai Velvet, a cose come Heroin senza però essere Heroin.
Sul secondo CD (neanche Blonde On Blonde o Exile On Main Street hanno avuto bisogno di un secondo CD!) Frustration è lunghissima, ma di un certo pathos. Little Dog è un lento acustico abbellito dagli archi. Lunghissimo. Dragon è solo lunghissimo. Junior Dad, in chiusura, dura venti minuti ma almeno è una canzone, sullo stile di Street Hassle, il brano migliore del lavoro, un rock elettrico lento ben ritmato che scorre sinuoso e va spegnendosi in un crepuscolo di archi.
Quello che a Lulu manca per essere un bel disco sono un po’ di umiltà ed un produttore. Sarebbe stato sufficiente togliere le canzoni brutte, accorciare quelle lunghe e restare nei confini di un solo CD. Ma Lou, si sa, ha un ego smisurato. Ma se Lulu è invece Arte, chi siamo noi per obiettare? Certo, non è il genere di disco che capiti di voler ascoltare spesso (Lou, chi si loda s’imbroda, e l’arte per non diventare onanismo ha bisogno di un pubblico).
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Lulu (Blue Bottazzi cut): Brandemburg GateThe ViewIced HoneyCheat On MeJunior Dad
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