Love is Strange, recensione: “l’amore è strano ma mai innaturale”

Creato il 13 febbraio 2014 da Oggialcinemanet @oggialcinema

13 febbraio 2014 • Festival di Berlino 2014, Speciale Berlinale, Speciale Festival OAC, Vetrina Cinema

Love is Strange, recensione: L’amore è strano ma mai innaturale

Dopo aver entusiasmato il pubblico del Sundance, Love is Strange riscuote grande successo anche alla Berlinale. L’ultimo lavoro del regista indipendente Ira Sachs (Keep the Lights On) vede John Lithgow e Alfred Molina interpretare una coppia gay alle prese con difficoltà economiche e non solo. Questo bel tranche de vie, viene illuminato ulteriormente dalle grandissime le prestazioni dei due attori protagonisti, Molina e Lithgow, che si cimentano con apprezzabile generosità nell’interpretazione dei personaggi ideati e scritti da Sachs ed il co-sceneggiatore Mauricio Zacharis. Un film autentico, divertente ed intimo come una bella storia d’amore condivisa tra amici. Lo sguardo del regista è rivolto principalmente ai suoi personaggi piuttosto che all’estetica. Sachs è infatti molto abile nel delineare la complessità dei rapporti e lo stato emotivo di tutti i personaggi. Un humour familiare emerge particolarmente durante le schermaglie tipiche di una coppia che ha condiviso una vita insieme.

Siamo nella Grande Mela e mentre Ben (Lithgow) nella vita fa il pittore, George (Molina) è un maestro di musica. La coppia si appresta a compiere i quattro decenni di vita insieme. Nonostante gli amministratori della scuola cattolica dove George insegna, siano a conoscenza della sua omosessualità, sono costretti a licenziarlo dopo che la diocesi viene a sapere del suo matrimonio. Senza lo stipendio di George, la coppia non può permettersi di pagare l’affitto ed è costretta a separarsi anche se solo fisicamente.

Love is Strange – Locandina

George s’imbatte in delle poliziotte che si riferiscono con affetto ai loro compagni poliziotti gay (Cheyenne Jackson e Manny Perez) mentre Ben è alle prese con il nipote dipendente dal lavoro Elliot (Darren Burrows) e sua moglie Kate (Marisa Tomei). La musica di Chopin suggella il dramma che si abbatte sulla vita di questa coppia e aiuta a stabilire il giusto tono nel corso del film.

Consapevole che l’attenzione sull’aspetto sessuale della coppia avrebbe potuto disturbare il pubblico più perbenista, il regista statunitense ha preferito di optare per una coppia in cui l’amore prevale sul sesso al punto tale che la famiglia progressiva di New York guarda alla coppia di vecchi zii come un modello di riferimento in amore. Eppure Ben e George non vengono idealizzati, ancora si agitano e bisticciano. In una delle scene più commuoventi, un marito errante si scusa per la passata imprudenza. Nonostante amici e parenti siano ben lungi dall’essere omofobi, vivere a stretto contatto mette sicuramente a dura prova la tolleranza di molti. Come Ben confida a George durante una conversazione telefonica: “Alcune volte quando convivi con delle persone, sai di loro più di quanto vorresti.” Per quanto difficile possa essere vivere con gli altri lo è ancor di più abituarsi a vivere in disparte, che si tratti di una situazione temporanea o meno. Nel considerare queste difficoltà il film mette in discussione la legittimità della loro relazione. In fin dei conti, l’amore potrà anche essere strano ma non per questo contro natura.

di Rosa Maiuccaro per Oggialcinema.net

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