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La storia viene praticamente raccontata due volte: prima quello che era già noto al pubblico con il successo di Linda che diventa un'icona della libertà e dell'emancipazione sessuale , suo malgrado.
La seconda volta è raccontato il dietro le quinte: il rapporto col marito Chuck, più che un compagno uno sfruttatore e tutte le violenze da lei subite e raccontate nel suo libro Ordeal in cui narra quello che si nasconde nel porno biz americano.
Fare un film sulla biografia di Linda Lovelace era un progetto accarezzato da molti cineasti interessati alla figura di una donna che nel corso degli anni è passata dall'essere un'icona dell'emancipazione sessuale, come già detto, a una fiera oppositrice dell'industria del porno, un business di prostituzione mascherata, secondo le sue parole.
Vedere questo progetto in mano a Rob Epstein e Jeffrey Friedman documentaristi pluripremiati ( autori de Lo schermo velato, per esempio) , qui al loro secondo film di fiction dopo Urlo, la storia di Allen Ginsberg e la nascita della Beat Generation, era in un certo senso una garanzia.
Eppure, diciamolo subito, questo film non funziona.
Non funziona nè sul piano della fiction pura in quanto un montaggio che alterna i piani temporali di fatto interrompe la fluidità della narrazione e non riesce a dare un filo logico, un'organicità a quello che si sta narrando, e neanche sul piano del documento storico perché superato in tromba dal vero documentario sulla storia della povera Linda, quel Inside Gola profonda del 2005 che esaminava nel dettaglio alcuni aspetti messi in evidenza in Lovelace, diciamo gli aspetti più tecnici della distribuzione del film e delle reazioni del pubblico americano a quella che si presentava come l'essere una novità assoluta per il pubblico cinematografico a stelle e strisce.
E in più c'erano le interviste ai veri protagonisti e non attori che ne scimmiottavano voce e gesti.
Lovelace fallisce sia come ritratto di una donna, infarcito come è di ovvietà nella descrizione di un rapporto d'amore violento con un marito sfruttatore e del rapporto coi genitori, ultrabigotti, ritenuto in qualche maniera decisivo sia nell'allontanamento da casa di Linda , sia nel suo successivo riavvicinamento ( a proposito , sarà vergogna dirlo, ma non avevo neanche riconosciuto Sharon Stone , invecchiata e imbruttita nella parte della madre).
Linda che ha la faccia troppo bella e troppo pulita di Amanda Seyfried e che concede anche poco delle sue burrose curve non disdegnando comunque il topless, sembra una sorta di lolita atterrata da Marte e che guarda tutto con i suoi occhi stupiti da cerbiatta innocente, piuttosto distante dalla grazia ( per modo di dire) della vera Linda , una che innocente probabilmente non è mai sembrata nella sua vita.
Tralasciando qualche caratterizzazione oltre la soglia del ridicolo ( vedi un impomatatissimo James Franco nei panni di Hugh Hefner) Lovelace fallisce anche come ritratto di un'epoca fondamentale nella storia del costume americano, superato di gran lunga dal magnifico Boogie Nights, quello si un ritatto a tutto tondo del porno business che diventava un grande affresco di una società in fermento, da tutti i punti di vista.
Altra cosa da imputare al film è quella di aver ridotto Linda Lovelace allo status di vittima ignara di tutto e di tutti, per dare una deriva melodrammatica alla sua storia.
La storia dice che non era propriamente così e il fatto che due documentaristi di gran nome come Epstein e Friedman abbiano distorto così la sua figura per raccontare una sorta di melodramma esistenziale ( vittima dei genitori , del marito e del business, visto che Gola Profonda incassò 600 milioni di dollari e lei ne guadagnò solo 1250) che ci restituisce una sorta di riabilitazione della sua figura post mortem.
Linda sicuramente non ne aveva bisogno.
PERCHE' SI : fotografia vintage di pregio, grande cast anche se usato non sempre nel modo giusto.
PERCHE' NO: fallisce sia come ritratto d'epoca che come storia di Linda Lovelace, James Franco nei panni di Hefner è semplicemente ridicolo.
( VOTO : 5 / 10 )
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