Interdetto alla pubblicazione dopo gli avvenimenti di piazza Tian’anmen, attaccato dalla propaganda dittatoriale e condannato a undici anni di carcere, Liu Xiaobo per molto tempo ha dovuto accontentarsi di un pubblico molto ristretto, per lo più straniero.Nonostante Internet, che egli definisce “un dono di Dio”, la maggioranza dei cinesi non lo conosceva affatto, identificandolo con l’immagine distorta e grossolanamente deformata trasmessa dal regime.
Ma bisogna credere che i suoi sforzi di “sovvertire il sistema della menzogna in verità” - questo è il titolo di un suo saggio - siano andati a segno, se è vero che le manipolazioni storiche, la distorsione delle informazioni, o i ritocchi alla memoria ufficiale di un popolo non riescono a resistere ad un’analisi che spazza via ogni costruzione astratta per spingersi all’interno della stessa società contemporanea, indagandone difetti e criticità.
Questo è ciò che fa lo scrittore cinese nella sua tesi di dottorato Estetica e libertà dell’uomo, discussa nel giugno 1988 e pubblicata dalla casa editrice universitaria nel settembre dello stesso anno.
E questa linea viene seguita anche negli altri saggi ora raccolti da Gallimard. che coprono un lasso di tempo che va da prima dei fatti di Tien’anmen sino ai mesi che precedono il suo arresto, nel 2008.
“Un individuo senza memoria è un legume – proclama in un discorso del 2006 – e non avere memoria per una nazione è una forma di suicidio spirituale. Se dopo ogni catastrofe i sopravvissuti non sono in grado di pensare al disastro, sono corpi inutili. E ammettendo che essi gioiscano della felicità dello scampato pericolo, essi non gioiscono che della felicità del porco nel suo porcile”.
Il dissidente che si è sempre rifiutato di rientrare nei ranghi è impietoso contro coloro che hanno accettato il patto di stabilità del Partito comunista, e ancora di più contro quei “militanti clandestini” che ripetono i discorsi ufficiali e fanno carriera, “ma vi assicurano in privato che essi minano il sistema dall’interno e cercano di rovesciarlo”.
Ciononostante, come scrive Jean-Philippe Béja nell’introduzione al libro, Liu Xiaobo non è “il leader di un movimento di massa che si lancerà all’assalto della fortezza del Partito comunista. Del resto non ne ha mai avuto l’intenzione. Ma egli rappresenta senza alcun dubbio una corrente di opinione che, benché non possa esprimersi pubblicamente, non per questo attraversa in misura minore l’insieme della società cinese”.
"La philosophie du porc et autres essais", Liu Xiaobo, Introduzione e traduzione di Jean-Philippe Béja, prefazione di Václav Havel, 528 pagine, 26,00 €