Luca e brother Stevie Wonder
Creato il 12 novembre 2014 da Marina Viola
@marinaviola
Diciott'anni sono pochi per promettersi il futuro, diceva Venditti.Oggi Luca compie diciotto anni, e con lui una vita, la mia, inaspettata, piena di emozioni fortissime, che riempiono tutta la gamma dalla gioia assoluta alla disperazione più scura. Quando iniziai la mia campagna per avere un figlio, Dan non era molto convinto, ma poi invece, siccome nel fare un figlio c’è anche da divertirsi, anche lui, diciamo così, partecipò con entusiasmo al ‘progetto’. Eppure, malgrado i diversi tentativi, non riuscivo a rimanere incinta: mesi e mesi ad aspettare che quella maledetta lineetta del test di gravidanza si duplicasse. E tra tutte le cellule che avrebbero dovuto cominciare a moltiplicarsi altrettanto velocemente, il mio corpo scelse quella che sarebbe poi diventata Luca. Ogni tanto penso alla casualità di come siamo fatti tutti: come fa il corpo femminile a scegliere quale tra tutti gli spermatozoi, accogliere e trasformare proprio quello lì in essere umano? Il mio, di corpo, ne ha scelto uno tutto speciale, pieno di sorprese.Quando finalmente le lineette diventarono due, nel bagno freddissimo della nostra casetta nel bel mezzo della campagna del New England, credo di essere stata la persona più felice dell’universo intero. Poi la gravidanza, lunga abbastanza da farsi un sacco di film su come sarà questa persona metà me e metà Dan. Bilingue, sicuramente. Bello, anche, e magari spiritoso. Certamente dolce, perché io e Dan siamo tutti e due persone dolci. Un po’ viziato.Poi la prima contrazione, io in macchina che mi contorcevo di dolore e Dan che guidava veloce. E poi in ospedale, dove invece le contrazioni finirono per un po’, dove Dan mangiò un panino con il pollo avariato, e dove nel momento esatto in cui io cominciai a spingere Luca fuori dal suo mondo e dentro il nostro, Dan venne ricoverato per avvelenamento da cibo. E poi lui, Luca, che venne fuori lentamente, che ci impiegò un po’ a capire che quando si esce da lì poi si deve piangere. Finalmente ce lo portammo a casa. Mi ricordo di aver chiesto al mio amico Gianni Mura quali canzoni fossero appropriate da cantare a un neonato: lui è sempre stato il nostro consulente di musica italiana. Disse Buonanotte Fiorellino (ovviamente), e Dan se la imparò. Seguirono quattro mesi bellissimi: il mio seno era pieno di latte, il mio bambino ero di una bellezza commovente, bravissimo, calmo, tranquillo. Non ci guardava, ma cosa c’entra? Poi invece cominciò a c’entrare, e questo dettaglio divenne per lunghi anni quello che definiva Luca: un disabile. Grave. Il suo primo compleanno, una settimana dopo la diagnosi di sindrome di Down, fu uno strazio. Io e Dan lentamente imparammo a definire Luca come bambino e basta. Luca is Luca, diceva sempre Dan, come per dire che lui è così proprio come Dan is Dan, Marina is Marina: come eravamo prestabiliti di essere dall’inizio della divisione. Come dire che, come la sua dolcezza, la sua bellezza, anche il suo essere disabile faceva parte del pacchetto 'Luca'. A poco a poco, quindi, Luca divenne semplicemente Luca.Io e Dan abbiamo dovuto imparare un nuovo linguaggio, detto senza parole; un nuovo modo di stare al mondo; un nuovo modo di affrontare il quotidiano. Abbiamo preso diecimila decisioni, ma la più importante e quella che ci ha salvato è stata di non cercare di ‘curare’ Luca, ma di accoglierlo in tutto il suo essere come è: siamo così riusciti ad accettarlo e ad amarlo senza confronti, senza dire perché noi, senza sperare che un giorno sarebbe stato tutto diverso. Senza limiti.Luca ci ha insegnato tantissimo, la sua presenza, spesso problematica e quasi sempre limitante, ha distrutto barriere, ci ha fatto vedere come fare quando le cose non vanno come ci si immaginava eppure stare bene. Luca, nella sua lentezza, nei suoi immensi ritardi di sviluppo, nelle sue ossessioni, nei suoi abbracci troppo stretti, ci ha arricchito tremendamente.Malgrado la frase iniziale di Venditti (che per la cronaca, non ascolto), ieri sera siamo andati a vedere il concerto di Stevie Wonder, uno dei cantanti preferiti di Luca. Di lui, in verità, ama soltanto una canzone, Love’s in need of love today. Nella canzone, Brother Stevie spiega ai suoi amici che l’odio sta ormai prendendo possesso di noi e che l’amore ha bisogno di essere amato. Love is in need of love, Love is in need of love. Today. Lo ripete all’infinito, muovendo la sua testa come solo lui sa fare. Ieri sera ha iniziato il concerto proprio con quella canzone, e io mi sono sentita scaraventata contro il muro dietro di me: una persona disabile che canta a un’altra persona disabile che l’amore ha bisogno di amore, come dire Luca is Luca, come dire: basta vederci diversi, basta far prevalere l’odio, l’idiozia, la segregazione tra esseri umani. Basta. Amiamoci per come siamo, anche se siamo ‘diversi’. Luca is Luca, Brother Stevie is Brother Stevie.Non credo di aver pianto così tanto a un concerto in vita mia. Singhiozzi, camicietta bagnata, non so come dire. Stevie, pensavo battendo le mani al ritmo della canzone, era venuto lì a cantare, per me. A celebrare anche lui la bellezza di Luca, che oggi ha diciotto anni e che anche se è diventato un adulto è e sarà sempre un bambino, pieno d’amore.Il mio amore.
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