“Inserì l’euro. La palla di cuoio scese, accompagnata da un fastidioso rumore metallico. Si fermò di fronte ai suoi occhi.
Filippo portò il piede sinistro in avanti divaricando leggermente le gambe, fletté un poco le ginocchia, alzò i pugni chiusi all’altezza delle tempie, il sinistro in avanti. Materializzò tra le cuciture nere e il cuoio liso il volto della sua padrona di casa. Arretrò la spalla destra mentre faceva perno sullo stesso piede…
Esplose un pugno che racchiudeva tutta l’energia che il suo corpo era in grado di generare, alimentata dall’odio che gli sgorgava dentro […]
«Via papà, via!» Era la voce di Elisa. Urlava in un pianto disperato.[…]
Quella notte, durante il sonno, Elisa si lamentò spesso chiamando il padre. A Filippo si strinse il cuore. Doveva averla spaventata a morte.
Per la prima volta sua figlia aveva visto l’uomo nero.” (1)
Gabriele è un arrampicatore sociale con il mito del self-made man. Nato cameriere, è ormai proprietario di un’intera catena di alberghi di lusso.
Filippo lavora come guardia del corpo.
Marco, figlio di un vice capo della polizia in pensione, è uno sbirro raccomandato e indolente: la sua principale occupazione consiste nello “schivare le beghe della vicina stazione Tiburtina”(2).
E poi ci sono le donne: Ginevra, Anastàzia, Fabiana, e così via fino alla piccola Alida(3). Le donne che mescolano le carte, portando i tre personaggi maschili, teoricamente privi di punti di contatto, a inseguirsi, incrociarsi e scontrarsi tra le pagine di questo perfetto gioco a incastri: a causa di una donna, Gabriele, che ha visto la possibilità di consolidare il suo nuovo status sociale attraverso il matrimonio con la più che facoltosa Ginevra, sarà costretto a fare a un ex collaboratore una di quelle proposte che non si possono rifiutare; a causa di due donne, la moglie Anastàzia e la figlia Elisa, Filippo si troverà costretto a scatenare l’“uomo nero”, quel suo fondo violento faticosamente messo a tacere. E sempre a causa di una donna, Marco si sottrarrà alla stanca inutilità della sua routine per dedicarsi alla sua prima, vera indagine…
Di Luca Poldelmengo vi avevamo già parlato nel 2009, in occasione dell’uscita del romanzo d’esordio(4) Odia il prossimo tuo, premiato con il prestigioso Premio Azzeccagarbugli. Con questo secondo lavoro, recentemente uscito per Piemme, l’autore romano, classe 1973, si riconferma brillante narratore, muovendosi con grande abilità e competenza tecnica tra i canoni di un certo thriller-nero(5) di chiara ascendenza cinematografica(6). Il tratto cinefilo, che in Odia il prossimo tuo emergeva, tra l’altro, nella titolazione dei capitoli, si ritrova, qui, soprattutto nella struttura narrativa -il romanzo si apre con un finto flashforward “da rettificare”(7), per poi riprendere il racconto dall’inizio e procedere “a blocchi”, seguendo ora un personaggio ora un altro, in una sorta di montaggio incrociato punteggiato da occasionali (e ben calcolati) brani in focalizzazione interna-, nel fraseggio scorrevole, brevissimo ma efficacemente descrittivo, e nella naturalezza dei dialoghi.
Ammesso che la distinzione abbia ancora un senso (soprattutto se applicata nell’ambito della letteratura di genere), si può forse dire che, con questa seconda prova, l’autore abbia fatto un passo verso la letteratura mainstream(8). Ma la qualità del lavoro non ne ha affatto risentito: anzi, la scrittura è ottima, l’intreccio funziona alla perfezione, i personaggi sono ben costruiti e credibili, e l’ambientazione, così profondamente romana, è semplicemente fantastica.
Nel complesso, il romanzo, terribilmente avvincente ma originale e ben scritto, potrebbe essere il page-turner italiano dell’anno.
L’uomo nero, di Luca Poldelmengo, è edito da Piemme.
(1) Luca Poldelmengo, L’uomo nero, Piemme, Milano 2012, pp. 36-37.
(2)Ivi, p. 20.
(3)Siamo certi che chi ha letto Odia il prossimo tuo, la ritroverà con piacere.
(4) Luca Poldelmengo, Odia il prossimo tuo, Kowalski, Milano 2009; (http://hotmag.me/nonsolonoir/2009/11/26/luca-poldelmengo-odia-il-prossimo-tuo/).
(5)Chiamatelo come vi pare, questo Uomo nero, ma assolutamente non “giallo”.
(6)Se pensate che dichiarare che un romanzo di genere abbia un taglio cinematografico ormai sia un po’ come scoprire l’acqua calda, provateci: provate a leggere L’uomo nero, ma per carità, fate attenzione a non scottarvi… (D’altra parte all’autore non manca l’esperienza specifica in campo cinematografico: laureato in regia al DAMS, nel 2002 Poldelmengo ha frequentato un corso per film-makers oragnizzato da Sentieri Selvaggi. Nel 2005 ha esordito alla regia con il corto La notte bianca, e nel 2006 ha scritto la sceneggiatura del noir Roma, poi tradottosi nel film Cemento armato…)
(7)Al primo passaggio alcuni particolari vengono omessi per lasciare il lettore nell’incertezza e costruire un certo effetto sorpresa.
(8)Odia il prossimo tuo, con il quale questo Uomo nero ha in comune la costruzione, aveva, nel complesso un’aria più “aperta”, più “incompiuta” nel senso positivo del termine…