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Lucas, le sue preghiere

Creato il 01 novembre 2010 da Lucas
Lucas cammina sotto la pioggia, cappello di feltro a tesa larga, niente ombrello, costeggia un viale di cipressi (ma non è un cimitero). Pensa a quante preghiere ancora ricordi: non molte, qualcuna, le classiche, più un paio di Salmi nella versione ceronettiana. Ne prova uno, il 16, preghiera notturna di David.Dio guardami tuTutto mi stringo a teAl tuo Nome io dicoIl mio Signore sei tuIl mio bene non è che in teSantità false inondano la terraPotenze che tutti veneranoE innumerevoli siano pureI loro idoli di storturaE con tanti a corrergli appresso!Io trincate di sangue non gli versoNé le bocca mi infetto coi loro nomi.Il mio colpo di dadiTra le delizie mi ha collocatoBello è ai miei occhi quel che possiedoIo benedico il Signore e il suo sussurroIl suo notturno dai reni darmi barlumiDavanti a me in perpetuo sta il SignoreCome barcollerei con Lui a lato?Ne ha il mio cuore frescuraE si gonfia il mio fegato di gioiaVi si agglutina nella calmaLa carneTu la mia anima non la getti tra i mortiVedere la distruzioneNeghi a chi è tuo fedeleTu mi hai svelato la via che dà la vitaLa gioia è al colmo là dov'è il tuo VoltoAccanto a te il bene è senza fine.Lucas, sillabando questo Tu, pensa a qualcun'altro che ha un Ente ultraterreno; tuttavia, la memoria gli riporta a una sua preghiera, improvvisa, rivolta a nessun dio. AscoltiamoLìberati da ogni frenesia, pensiero. Sii inquieto e scalzo e privo di impiastri, di legamenti e vai tra la perduta gente, vivo. Presentati, fa' sagge le loro mani, soprattutto il movimento del pollice e dell'indice, presa ideale dell'intero universo, di un pinolo, di una pera, di un lembo di pelle innamorata (quella del collo, preferibilmente). Vai, pensiero, senza musica, non importa. Liberaci dalla nostra indigestione, dalla prigione di grassi industriali, dalla polvere. Sali più alto del fumo che annebbia la mente e la respirazione. Respira tu al posto nostro, oltre le nubi e la pioggia e poi ridiscendi, a lavarci la fronte in questa giornata umida.Lucas si ferma, tace, cerca riparo sotto una stretta tettoia, estrae un libello, legge Il picchio di Williams nella traduzione sublime della Cristina Campo.
Innocenza, innocenza, condizione del cielo!Solo nell'ignoto saremofesteggiati, nutriti. Ritualmente. L'ignoto,rifugio a cui ci scagliano. Perchéseppure, privi di paracadute, saremopiatti contro la terra, non sarà più la stessa terrache lasciammo pel volo. Cercando che? Non c'era nullalassù. Né più l'ignoto, ora. Eppure maiconoscemmo la terra come abbattuti, rotticontro di lei. Dall'alto noi cadiamo, innocenti,verso le nostre morti.
Mi andrebbe, di Novembre,essere un picchio dei boschi. Un grido, un moto,rosso tocco tra i rami nudi. Un lampo,una destinazione tra le eterne – e lo scarabeofine del volo. Nutrito; e la cerimoniasenz'altro testimone che le rocce muschiate,le foglie secche, i dritti corpi degli alberi.È l'innocenza: scaglia il corpo nero e bianconell'aria, e innocenza lo guida. Volo è solobrama e brama è la fine del volo: ti pugnalalaggiù, con qualche lingua di ferro che trionfa!
Lucas si sdilinquisce, riosserva la pioggia che non cessa, ascolta il rumore della piena, discende giuso in Arno. Domani, il mare.

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