Da Star Trek ai computer quantistici
“Signor Sulu, velocità di curvatura”: sicuramente una delle frasi più celebri dell’universo di Star Trek e una delle prime cose che vengono in mente agli appassionati quando si parla di superare la velocità della luce. Ma se invece volessimo agire su di lei, cioè sulla velocità della luce, magari proprio per diminuirla?
Mentre il motore a curvatura è ancora lontano, intanto ci accontentiamo dell’EIT (Electromagnetically Induced Transparence): utilizzando un laser su un materiale opaco, è possibile far raggiungere ai suoi atomi uno stato energetico in cui non riescano più ad assorbire la luce, facendo diventare trasparente l’oggetto che compongono e rallentando o addirittura fermando la luce incidente. In questo modo nel 1999 si è riusciti a rallentare fino a 17 metri al secondo gli impulsi della luce di un laser nel sodio gassoso e nel 2001 addirittura a fermarli per una frazione di secondo (bisogna precisare però che in realtà non sono i fotoni a rallentare, ma la loro velocità di gruppo).
Nonostante si parli di tempi brevissimi, la possibilità di ridurre la velocità della luce trova un’importante applicazione nell’informatica quantistica. Uno dei suoi problemi principali è l’immagazzinamento delle informazioni: infatti a causa del Principio di Indeterminazione di Heisenberg non è possibile effettuare misurazioni sulle informazioni conservate, perché altrimenti avverrebbe un cambiamento dello stato del sistema che renderebbe inevitabilmente vana la misurazione effettuata e, ovviamente, altererebbe l’informazione. Da un lato questa caratteristica ha degli aspetti positivi: ad esempio la possibilità di leggere un’informazione solo una volta è estremamente utile nel campo della sicurezza. D’altro canto è evidentemente problematico operare con grandezze di cui è difficile comprendere l’entità senza alterarle.
La luce è uno dei mezzi più utilizzati per trasportare informazioni quantistiche, sicché rallentarla porterebbe notevoli benefici a un computer quantistico. Compare tuttavia un problema: l’EIT è una tecnica utilizzata sui gas, difficili da coniugare con l’elettronica. Vengono però in nostro soccorso Oskar Painter e i suoi colleghi del California Institute of Technology, che sono riusciti ad applicare l’EIT a dei nanochip di silicio e hanno descritto i propri risultati in un articolo pubblicato su “Nature” e disponibile su arXiv.
Invece di utilizzare un laser, i fisici californiani ne hanno sfruttati due. Il primo è servito per illuminare e deformare dei nanobuchi nel chip raffreddato a 9 gradi sopra lo zero assoluto. Il secondo laser ha indotto delle oscillazioni nei nanobuchi, che così hanno cominciato a comportarsi come atomi in un gas attraversato da un laser. Per finire, Painter e i suoi colleghi hanno abbattuto la velocità della luce al valore di 40 metri al secondo. Che non uguaglia i migliori risultati precedenti, ma che ha il merito di funzionare in un apparato a stato solido: è il primo sistema optomeccanico in cui si riesce a diminuire in maniera apprezzabile la velocità della luce utilizzando l’EIT.
Computer quantistico, ti stiamo aspettando. E per la velocità di curvatura c’è tempo.
Safavi-Naeini, A., Alegre, T., Chan, J., Eichenfield, M., Winger, M., Lin, Q., Hill, J., Chang, D., & Painter, O. (2011). Electromagnetically induced transparency and slow light with optomechanics Nature DOI: 10.1038/nature09933