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Lucida Mansi

Creato il 29 aprile 2015 da Marvigar4

LucidaMa

Ancora oggi la vedo, lei, la donna che tanto mi turbò.

Da bambino trascorrevo qualche pomeriggio della bella stagione all’interno dell’Orto Botanico della mia città natale, Lucca. Che cos’erano la merenda e i giochi in questo luogo incantevole ai piedi della cerchia muraria rinascimentale, rinomata nel mondo per la passeggiata che sopra la adorna, con baluardi, viali alberati, e prati sempreverdi! Mia madre mi portava a visitare la natura rigogliosa dell’Orto Botanico, scientificamente catalogata e ordinata. Sì, mi piaceva, ed era divertente scoprire la collezione delle piante rare, i variegati fiori delle serre, stupirsi dinnanzi all’immenso cedro del Libano che domina alto e superbo su tutto il giardino. Però mancava qualcosa in questa festa floreale ben organizzata: un po’ di imprevedibilità e di mistero dietro la perfezione disposta dall’uomo. Per questo mi attirava e contemplavo il laghetto dell’Orto Botanico, strano, quasi dissonante con la sua acqua verdastra, le ninfee, i pesci lenti nei loro movimenti o fermi sul fondo…

Una sera mio padre, in uno dei suoi racconti, mi rivelò da dove provenisse il fascino di quel laghetto, ovvero la leggenda che lo ammantava da oltre tre secoli. Una donna era la protagonista di questa leggenda: Lucida Mansi.

“Nel 1606 nacque a Lucca, da una delle più nobili, ricche e potenti famiglie della città, la più bella creatura mai apparsa sulla terra, al cui confrontò Elena di Troia sarebbe impallidita. Lucida Mansi si chiamava. Già da ragazzina seppe sfruttare questa dote straordinaria, e nelle sue meravigliose ville fuori della città ella si dedicò completamente a una vita di piaceri, tra il lusso sfrenato e le feste sfarzose, dove gli invitati toccavano il paradiso, inebriati da musiche, balli, cibi sopraffini… e dalla visione di lei, Lucida.

La giovane donna, così corteggiata, così desiderata, cadde vittima dell’attrazione invincibile per la propria immagine. Divenne crudelissima nei confronti dei suoi numerosi spasimanti, con i quali, si narra, passava notti memorabili a consumare le gioie dell’alcova per poi… ucciderli, facendoli sprofondare in un pozzo nascosto da una botola, che lei stessa aveva fatto costruire appositamente. Quando si sentiva ormai appagata, Lucida azionava la trappola con una leva e il povero amante sprofondava giù venendo dilaniato dalle lame affilatissime disseminate nel pozzo. Non passò certo inosservato il fatto che nessuno di questi amanti fosse più tornato a Lucca, vivo, ma, che dire, la bellezza assoluta della giovane donna non fu mai considerata la causa di queste inquietanti sparizioni.

Lucida riempì la sua camera da letto di specchi, in tutti i lati della stanza, anche sul soffitto, per potersi ammirare continuamente e coltivare il folle amore della sua immagine.

Ma avvenne qualcosa che decise la sorte della Venere lucchese. Una mattina, appena desta, davanti allo specchio come al solito, mentre fissava rapita se stessa, Lucida scorse sul suo viso una lieve, insignificante ruga… Niente che potesse mettere in crisi la sua avvenenza, ma la sua vanità sì… Pianse e gridò, si disperò, avvertì il tempo che stava scorrendo e le rubava la sua beltà. Invocava aiuto con le braccia rivolte al cielo, quel cielo che mai era stato oggetto del suo interesse. Fu allora che un giovane uomo dal meraviglioso aspetto, l’unico che avrebbe potuto essere corrisposto senza finire ucciso, apparve all’improvviso a Lucida e con parole dolci, suadenti, la consolò. Ma sotto le sembianze di questa magnifica creatura si nascondeva il diavolo.

«Tu desideri non invecchiare, ed è giusto. Hai commesso un errore a chiedere soccorso a chi non vuol venire a salvare te dalla decadenza del tuo corpo. Però io ho sentito i tuoi pianti, le tue preghiere, e sono giunto, perché solo io so darti ciò che pretendi. E te lo darò… a patto che tu mi venda la tua anima per trent’anni di bellezza e gioventù inalterate.»

Lucida acconsentì, firmò con il sangue lo scellerato accordo, e visse la sua trentennale favolosa freschezza continuando a stupire tutti, a folleggiare, a infliggere tormenti, a eliminare gli inesauribili amanti che cadevano ai suoi piedi.

Un pomeriggio d’estate, trent’anni dopo, la Torre delle Ore di Lucca suonò un rintocco mai udito prima: era il segnale della scadenza del patto. Il diavolo si ripresentò per reclamare l’anima di Lucida Mansi. Qualcuno afferma che la donna fu fatta sparire nel nulla, lasciando come unica traccia una voragine nella sua stanza. Ma l’altra leggenda narra che il diavolo prese per i capelli Lucida, la trascinò su di una carrozza infuocata, le fece percorrere un intero giro di mura, tutt’attorno a Lucca, volendo costringere i lucchesi ad ascoltare le urla strazianti della sua vittima, e, alla fine della orribile corsa, inabissò lei e il cocchio fiammeggiante nel laghetto dell’Orto Botanico. Da quel giorno, nelle notti in cui la luna si nasconde, si può vedere ancora la scia luminosissima della carrozza infuocata del diavolo che compie il suo atroce tragitto verso l’inferno. E se tu guardi con attenzione il fondo delle acque del laghetto dell’Orto Botanico… ecco che ti appare il volto di Lucida addormentato nel fango.”

Fu la suggestione del racconto, o cos’altro? Io alla prima occasione mi misi a scrutare febbrilmente le acque indicatemi da mio padre … e la vidi, lei, Lucida Mansi, assopita nel suo sonno eterno.

Che buffo! L’Orto Botanico venne istituito a Lucca nel 1820 da Maria Luisa di Borbone… Documenti storici testimoniano che Lucida Mansi morì il 12 febbraio 1649 durante la peste che falcidiò la mia città… Dicono che i parenti della bellissima donna distrussero i suoi ritratti e il suo certificato di nascita…

Il laghetto della leggenda a Lucca c’era già 171 anni prima dell’istituzione dell’Orto Botanico? Forse. Ma che m’importa? Non sono più un bambino, però quando osservo con la stessa attenzione, con la stessa trepidazione, quelle acque verdastre…

Ancora oggi la vedo, lei, la donna che tanto mi turbò.

© Marco Vignolo Gargini

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