Poco prima che iniziasse la Coppa d’Africa ci siamo affezionati alla nazionale di Capo Verde per vari motivi: perché partecipava per la prima volta alla competizione, perché per arrivarci era riuscita a eliminare nientemeno che il Camerun, e – dulcis in fundo – perché, come nel caso del Niger, era stata necessaria una colletta della popolazione affinché potesse andare in Sud Africa a giocare, viste le difficoltà economiche della federazione. La classica squadra-simpatia insomma, che abbiamo supportato istintivamente tra romanticismo e tenerezza e sulla cui favola abbiamo sperato fino al quarto di finale perso contro il Ghana, risultato comunque storico. Già dall’esordio contro il Sud Africa, però, abbiamo iniziato a notare quanto Capo Verde provasse a giocare palla a terra e di prima, a costruire azioni corali, a far girare la palla, cose ahinoi ancora piuttosto rare nel Continente Nero. In più, guardando l’allenatore, si aveva la classica sensazione del “somiglia a qualcuno ma non capisco a chi”. Durante la seconda partita contro il Marocco, l’illuminazione. Non era un fatto di somiglianza, ma di mimica facciale: le espressioni così teatrali e significative di Lucio Antunes possono ricordare quelle di José Mourinho.
Affidandoci a Google scopriamo che abbiamo visto giusto. Dopo la storica qualificazione alla Coppa d’Africa, il presidente della malconcia federazione capoverdiana, quasi spiazzato da questo risultato, ha contattato lo special one per chiedergli un aiuto su come gestire la situazione; così Antunes è stato invitato a Madrid per una settimana, riuscendo a seguire cinque allenamenti e due partite del Real. Immaginiamo che ciò sia avvenuto a spese dei blancos, perché come la nazionale dell’arcipelago non aveva fondi per andare a giocare la coppa, il suo allenatore non può mai venire in Europa a visionare i suoi giocatori: e dire che dei convocati in Sud Africa nove elementi giocano in Portogallo, quattro in Francia, tre in Olanda, due a Cipro, uno in Romania e uno in Angola. Solo due militano in club capoverdiani, e sono i portieri. Antunes quindi è costretto a selezionare i giocatori basandosi sui dvd o semplicemente sulla fiducia, perché a detta sua “se un giocatore milita in un club europeo significa che è bravo e può giocare per la nazionale”. Di necessità virtù.
Ancor più interessante è però il fatto che Antunes prima di essere l’allenatore della nazionale capoverdiana è un controllore del traffico aereo nell’isola di Sal, una delle dieci dell’arcipelago. “È molto più facile essere un allenatore di calcio che un controllore del
![Lucio Antunes, lo “special one” di Capo Verde Lucio-Antunes580~2](http://m2.paperblog.com/i/162/1627111/lucio-antunes-lo-special-one-di-capo-verde-L-fORyQf.jpeg)
Per finire, considerando che abbiamo scoperto che Antunes ha rappresentato Capo Verde, oltre che nella nazionale di calcio, anche in quella di basket e in quella di ping pong, ci viene spontaneo affermare – scusate la banalità – che anche l’arcipelago ha il suo special one. E per ora ci sta molto più simpatico dell’originale.
daniele
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[1] Intorno a questa competizione non c’è molto interesse riguardo al calcio soprattutto perché l’under 21 brasiliana non vi prende parte, ma c’è comunque il Portogallo, che nell’edizione del 2009 è stato sconfitto nella prima partita da Capo Verde a Lisbona (tra l’altro 1-0 con gol di Heldon, uno dei migliori dei suoi in questa Coppa d’Africa). No, non in finale, perché nei Jogos de la Lusofonia la formula è un girone unico, tutti contro tutti, chi fa più punti prende la medaglia d’oro e così via.