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Lucio Fontana: conta l'idea, basta un taglio

Creato il 27 febbraio 2014 da Artesplorando @artesplorando

Lucio Fontana: conta l'idea, basta un taglio

Lucio Fontana, concetto spaziale

Un classico della serie "lo potevo fare anch'io". Dopotutto che ci vuole a prendere una tela e a fare due tagli? Direte voi. Ma andiamo con ordine. Fontana nacque a Rosario, in Argentina, il 19 febbraio 1899 da genitori italiani e morì nel 1968 a Comabbio, un paese in provincia di Varese. La sua attività artistica inizia nel 1921 lavorando nell'officina di scultura del padre Luigi Fontana e, del collega e amico del padre, il molinellese Giovanni Scarabelli. Diventa poi seguace di Adolfo Wildt. Nel 1949 esce il Primo manifesto dello spazialismo.

Lucio Fontana, teorico e massimo esponente del movimento artistico italiano, invoca un cambiamento nell’essenza e nella forma dell’arte, il superamento della pittura, della scultura, della poesia. Poco dopo realizza i primi fori nelle tele. È a un passo dai famosi tagli, che compaiono nel 1957 e trovano la propria compiutezza in una serie di opere intitolate “Concetto spaziale. Attese”. Sono opere caratterizzate da un unico taglio o da una serie di tagli verticali, netti, decisi, con cui l’artista incide la tela monocroma. È un gesto perentorio. A Fontana interessa il segno gestuale sulla superficie e il suo valore grafico,“Conta l’idea, basta un taglio”. Un'idea totalmente rivoluzionaria. Le sue tele monocrome, spesso dipinte a spruzzo, portano impresso il segno dei gesti precisi, sicuri dell'artista che, lasciati i pennelli, maneggia lame di rasoio, coltelli e seghe. Tutto è giocato sulle ombre con cui, specie la luce radente, sottolinea le soluzioni di continuità. Come gesti apertamente provocatori vanno intese certe sue tele monocrome che, quali i buchi ed i tagli, scandalizzarono il pubblico anche per la facilità con cui è possibile rifarle. Numerosi furono infatti i falsari, ma pochi con un segno altrettanto sicuro, perché anche da un punto di vista esecutivo non è così facile compiere un taglio preciso sulla tela, insomma non tutti lo potrebbero fare. Fontana, per cautelarsi, scrisse sul retro di ogni tela frasi insensate, semplice appiglio per una perizia calligrafica.

Ma allora cos'è che fa di Fontana un artista rivoluzionario e straordinario? L’arte con lui diventa tridimensionale: quel buco apre il retro della tela, l’oltre, il di qua e di là che si integrano in un unico spazio: il taglio è il gesto che apre la luce al buio e il buio alla luce: ed in effetti dai suoi tagli sembra di vedere irradiarsi un buio luminoso che pervade l’atmosfera. I tagli sono poi la parodia della bravura, sembra che quel singolo gesto, veloce, istintivo eppure meditato, prezioso, ricco di significati, celebrato in un secondo, spazzi via gli sforzi di chi calcola con certosina pazienza il modo di fare più cose in meno tempo, senza contare, però, l’umanità, l’arte, i pensieri, le cesure, i “no”, gli altri. Fontana, al contrario, apre al nuovo, alla comunicazione, al diverso, all'opposto, apre il colore all'oscurità. Può piacere e non piacere come qualsiasi altro artista, ma la portata della sua arte è comunque straordinaria. Fontana apre la tela a ciò che ha sempre rifuggito, al suo terrore: il buio, con il quale essa non è più niente.Il dibattito è aperto...

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