Non è un'affermazione medica, per carità, quanto un'affermazione cinematografica, formulata già da Neil Burger con "Limitless" e ora da Luc Besson con "Lucy".
In entrambi i casi c'è però il contraccolpo di un'impossibilità da parte nostra a gestire la cosa, che se per Bradley Cooper poteva essere la dipendenza dalla sostanza, per Scarlett Johansson diventa mutazione cellulare: un processo al quale non può più sottrarsi poiché il suo organismo è entrato in possesso della droga in questione non attraverso dosi specifiche, ma per un trasporto illegale via intestino, cominciato per sbaglio e finito peggio, che ha portato all'apertura del sacchetto nascosto all'interno del suo corpo e all'assunzione massiccia di circa mezzo chilo in presa diretta. In questo modo una giovane studentessa indifesa si trasforma nella Vedova Nera più letale che la Marvel abbia mai realizzato. Tuttavia Besson cerca di evitare che la sua protagonista cominci a giocare con ruoli che vadano oltre quelli della sua opera e sbiadisce "Lucy" dal puro intrattenimento-action shakerandola con una buona dose di Storia, scienza e fantascienza.
Eppure a Besson ci sentiamo di dirgli davvero poco, di redarguirlo magari, ma senza esagerare, visto che il suo "Lucy" fa obiettivamente il mestiere per cui è stato creato e, in qualche frangente, sa anche superarsi (l'inseguimento in strada è uno dei migliori visti al cinema di recente). Così come si supera Scarlett Johansson, bravissima a dare al suo personaggio la giusta dimensione e a mutare in perfetta sincronia con le richieste della trama, rendendo la sua performance di gran rilievo e memoria.
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