Nell’itinerario artistico del grande regista milanese Luchino Visconti (al quale abbiamo dedicato un apposito speciale monografico), uno dei titoli di maggior rilievo e dall’indiscutibile fascino estetico e cinematografico resta senza dubbio Ludwig, ambizioso e suggestivo affresco storico sulla figura di Ludwig II, sovrano di Baviera, nato nel 1845 e Re di Baviera fra il 1864 e il 1886, anno in cui fu deposto dal trono dopo essere stato dichiarato pazzo, per poi concludere la propria vita appena tre giorni più tardi, quando fu ritrovato misteriosamente annegato in compagnia del suo medico. La vicenda umana e politica di Ludwig, portata sullo schermo da Visconti nel 1972, costituisce anche un’ideale conclusione della cosiddetta “trilogia tedesca”, dopo il tenebroso capolavoro sul nazismo La caduta degli dei (1969) e la raffinata trasposizione di Morte a Venezia da Thomas Mann (1971).
Ad impersonare il ruolo del giovane monarca, ossessionato dall’eleganza, dall’arte e dalla musica di Richard Wagner, è l’attore austriaco Helmut Berger, compagno di Visconti e suo attore feticcio già da La caduta degli dei; con la sua bellezza androgina e a tratti perfino luciferina, Berger si immedesimò in maniera sorprendente nel ruolo di Ludwig, regalando la sua interpretazione più memorabile e apprezzata (e coadiuvato dall’ottimo doppiaggio italiano di Giancarlo Giannini). Al suo fianco nel film, Visconti chiamò uno stimato veterano del cinema inglese quale Trevor Howard per impersonare il compositore Richard Wagner, Silvana Mangano nei panni di sua moglie Cosima e poi ancora, fra gli altri, Helmut Griem, Umberto Orsini, Adriana Asti e soprattutto la famosa attrice tedesca Romy Schneider, convocata per riprendere il ruolo dell’Imperatrice Elisabetta d’Austria (cugina di Ludwig), alla quale la Schneider aveva già prestato il volto diversi anni prima nella saga de La Principessa Sissi.
La narrazione del crepuscolo dell’ancien règime si intreccia così alla descrizione della progressiva discesa nella follia del protagonista, prigioniero di un cupio dissolvi che lo porterà a perdere sempre di più il contatto con la realtà. Accolto da un ampio successo di pubblico, Ludwig ottenne i David di Donatello per miglior film e miglior regia e la nomination all’Oscar per i magnifici costumi disegnati da Piero Tosi, fedele collaboratore di Visconti (Tosi è stato ricompensato proprio sabato scorso con il premio Oscar alla carriera). Distribuito inizialmente nelle sale in due versioni più “brevi”, di 144 minuti e di 186 minuti, il film è stato in seguito restaurato secondo il suo montaggio integrale di ben 235 minuti: ed è proprio questa versione, più ampia e completa (oltre che di notevole qualità visiva), quella contenuta nell’edizione speciale Dvd a due dischi appena ripubblicata da Mustang e distribuita da CG Home Video.
Il Dvd di Ludwig restituisce così al pubblico una delle opere più emblematiche e maestose della filmografia di Visconti, nonché un perfetto esempio dell’afflato decadente che caratterizzò l’ultima fase della produzione del regista. La genesi di Ludwig è inoltre rievocata in “Storia del film e della sua ricostruzione”, uno dei numerosi contenuti extra del Dvd: un mini-documentario di oltre 20 minuti in cui la realizzazione della pellicola viene rievocata attraverso le parole dello sceneggiatore Enrico Medioli, di Umberto Orsini, di Piero Tosi e dell’altra collaboratrice storica di Visconti, Suso Cecchi D’Amico, che collaborò alla stesura del copione e che qui rievoca le circostanze del proprio coinvolgimento nel progetto, nonché i ricordi di Romy Schneider (la quale, poco prima di morire, avrebbe voluto tornare ad interpretare Elisabetta d’Austria). Gli extra del Dvd includono inoltre un omaggio fotografico a Visconti e una serie di video-interviste, nonché il trailer della riedizione di Ludwig.