Lui è un quadro e basta.
Sulla faccia tonda porta ancora quei pochi capelli che gli restano sparati a palla verso l’alto, come un vecchio punk. Forse perché crede ancora di essere un rockettaro dark degli anni ’80. È magro, è basso, ha una faccia un po’ da fagiano. Una miniatura di una statua egizia venuta strana.
Non parla quasi mai perché gli piace sentire gli altri (ma che siano pochi) attorno a sé, sentire l’odore delle loro vite. Ogni tanto ha lo sguardo, un po’ strabico, perso nel vuoto e ti convinci che stia pensando a robe sue, come l’orbita di Marte, o l’origine dell’universo. Ed è il momento in cui ti sta veramente ascoltando. È convinto di essere un grande. O forse no, è convinto di essere il più cretino. Dipende dalle nuvole.
di Alessandro Amadesi
