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Luigi Capuana, Fiesole

Da Paolorossi

[...] Abbastanza tranquilla da poter riflettere, da poter osservare se stessa, da alcuni giorni, a intervalli, l'assoluta mutezza del suo cuore - cosí ostinata anche dopo che la sua ragione non aveva saputo resistere all'urto degli avvenimenti - l'assoluta mutezza del suo cuore la rendeva sgomenta.

- E se durerà sempre cosí? -

Le minute cure d'infermiera però sopraggiungevano sempre in tempo per riscuoterla e distrarla. Allora, seduta presso la finestra, a ogni svoltar di pagina del libro che teneva in mano, ella volgeva lo sguardo verso le colline dove le ville, biancheggianti tra il verde cupo degli alberi, parevano arrampicarsi qua e là, come agnelle disperse. E alla vista di quel cielo di limpida profondità azzurrina, e senza nuvole, che serviva di fondo agli svelti campanili e alle brune case di Fiesole; alla vista di quel mare di verzura steso dattorno, a perdita d'occhio, e che quasi gettava le sue ultime ondate lí sotto, a pochi passi, con gli alberi che proiettavano l'ombra sul viale polveroso, un'impressione di refrigerio al cuore la faceva sorridere d'ammirazione per quel gentile accordo di tinte.

- Bello, eh? - egli le disse, vedendola guardare cosí intenta. - Andremo assieme lassú, la prima volta che mi sarà permesso uscir di casa.

- Affrettatevi - rispose Giustina.

- Siete voi che mi guarite, coi vostri occhi. Fate piú presto -.

Quel viso di sofferente, su cui la barba lasciata crescere rendeva piú visibili il dimagrimento e il pallore, si rianimò luminoso. E stettero tutti e due un pezzettino a guardarsi senza dir altro; egli quasi ancora incredulo di quella non mai sperata o sognata fortuna d'amante, ella commossa da carità d'infermiera, che le soavi impressioni di quel momento rendevano piú viva.

Poi quando all'orizzonte il cielo si tinse d'un rosso tendente al violetto, e i campanili, le cupole, le mura di Fiesole parvero di fuoco contro gli ultimi raggi del sole al tramonto, e il vasto mare di verdura diventò scuro scuro fra i vapori azzurrognoli che salivano lentamente nella maestà della sera, Giustina sentí una tristezza piú intima, piú straziante delle altre volte, di creatura vigliaccamente abbandonata da tutti; e rimase a lungo con la fronte appoggiata ai cristalli, lasciando sgorgare di nascosto le lagrime che le venivano su, proprio dal cuore.

- Oggi andremo fuori insieme - egli le disse una mattina. - Cercheremo il vostro nido. Mi è stato indicato un bel posto. [...] Il cocchiere, per isbaglio, li menava lungo una strada di campagna, inoltrandosi verso Porta a Pinti senza ch'essi vi badassero. Quell'aria tiepida, smagliante di luce; quel rigoglio di fronde che traboccava fuor dei muri di cinta con lieta foga primaverile; quel cinguettio di uccellini nidificanti tra le siepi o inseguentisi su pei rami, pigolando d'amore; quella gioconda fioritura di erbe e di piante selvatiche che profondeva sui cigli e lungo i lati della strada tesori di ciocche pavonazze, di bocci rossi e bianchi, di calici gialli, violetti, sanguigni, turchini, aperti e tremolanti su gli steli o mezzi nascosti tra le foglie; quella gran pace sorridente all'ombra degli alberi o al sole, su i vigneti, sugli orti umidicci, su i seminati dalle spighe quasi bionde;... oh, quel magnifico spettacolo essi non se l'aspettavano punto! E continuando a tenersi per mano, tacevano, distratti.

- Via Lungo il San Gervasio? - domandò il cocchiere a un contadino. Bisognava tornar indietro.

[...] In quei primi mesi discorrevano talvolta cosí, alla finestra del salottino di via Lungo il San Gervasio, intanto ch'egli fumava, un po' impensierito di quella specie di stanchezza della voce di lei; e Giustina, co' gomiti appuntati sul cuscino del davanzale, continuava a rispondergli guardando ora il bel panorama di Firenze che rizzava laggiú, nella pianura, la cupola di Brunellesco, il campanile di Giotto e la guglia merlata di Palazzo Vecchio torreggiante sui tetti; ora il piazzale Michelangelo che pareva là, a due passi, col David che quasi si poteva toccare stendendo il braccio; ora monte Morello e gli appennini di Pracchia, sfumati fra i vapori, lontano.

( Luigi Capuana, Racconti - Le Appassionate: Ribrezzo )

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