Amo scrivere post impopolari perché le folle non hanno mai fatto per me e la mentalità da soap-opera mi ha un po’ stufata, avendola sperimentata per diversi anni in prima persona.Il pensiero ‘Lui/lei dovrebbe cambiare’, infarcito ovviamente delle migliori intenzioni, è applicabile a partner, genitori, figli, colleghi, amici, cani, gatti, criceti, amministrazione comunale, governo - in una parola, è il tormentone che sottende a buona parte della nostra emotività e conseguente azione su questo splendido pianeta. Si declina dalle forme più grossolane a quelle più evolute, oserei quasi dire ‘New Age’ , del tipo ‘Lui/lei dovrebbe lavorare su di sé, dovrebbe risolvere i suoi blocchi energetici, dovrebbe aprirsi alla Vita, dovrebbe mettersi in gioco…Lo dico per il suo bene”. Essendo stato uno dei miei pensieri preferiti, ho usato -e talvolta uso ancora- tutte le sue meravigliose varianti unite alle più auliche coperture altruistiche, amorevoli e soprattutto ‘disinteressate’.
Ma facciamo un esame spietato di questa forma-pensiero così fortunata e popolare. In primo luogo, tale idea evidenzia una certa arroganza: chi sono io per sapere al 100% quale sia realmente il bene per un’altra persona? E se il ‘bene’ del mio compagno, genitore, figlio dovesse effettivamente passare per qualcosa che ai miei occhi e agli occhi della morale comune viene etichettato come ‘male’? Seconda considerazione: quando io facevo le mie notorie cavolate e mi beccavo delle discrete sportellate nei denti, non è che amassi particolarmente le interferenze altrui. Sarebbe potuto apparire Gesù Cristo in persona e dirmi ‘Ciccia, non si fa così’ e io probabilmente avrei risposto ‘Lo so, ma per ora, per me, È così.” Ergo, l’altro ha tutto il diritto di fare (o non fare) il suo percorso con i suoi modi e i suoi tempi senza che noi lo guardiamo con il cronometro in mano.