E’ stata intitolata questa mattina al “prete partigiano” Don Piero Folli, alla presenza dei bambini di terza e di quarta, la scuola elementare di Voldomino. Durante la celebrazione sono intervenuti il professore della Scuola Media di Luino, Giovanni Petrotta, la presidente dell’Istituto Comprensivo “B. Luini”, Raffaella Menditto, Don Valerio Milani ed il sindaco di Luino, Andrea Pellicini, che è stato aiutato da due bambini nel momento in cui è stata scoperta la targa. Dopo la rimozione della targa precedente, che aveva creato polemiche lo scorso 17 novembre per la frase scelta (ndr, “Che volete di più avete anche la benedizione di un avanzo di galera”), oggi è stata ricordata una grande figura dell’antifascismo luinese. Presenti, insieme ai bambini, anche gli Assessori Pier Marcello Castelli e Alessandra Miglio, i Consiglieri Comunali Mario Contini, Enrica Nogara, Rosaria Torri e Vito Vaglio, il Presidente A.N.P.I., Remo Passera, una rappresentanza proveniente da Tradate, il Segretario del Pd, Stefano Bragnuolo, il Professor Emilio Rossi ed Elisabetta Donegani.
Il ricordo di Don Piero Folli spiegato dal professore delle Scuole Medie di Luino, Giovanni Petrotta. Dopo la benedizione alla scuola di Don Valerio Milano, della parrocchia di Voldomino, che ha ricordato come a voler la scuola elementare della frazione luinese fosse stato proprio Don Piero Folli, a raccontarne la vita, invece, è stato il professore Giovanni Petrotta. Usando un linguaggio molto semplice per spiegare una storia molto complessa come quella di Don Folli ai bambini, il professore ha presentato una tra le più grandi figure dell’antifascimo luinese. “Don Folli era un sacerdote, proveniente da una famiglia di operai. La sua formazione lo ha portato ad avvicinarsi al cattolicesimo, ma Don Folli era uno di quelli che si è accorto che è giusto interessarsi ai problemi della società. Proprio per questa ragione venivano condannati come modernisti, erano messi da parte. Don Folli era un prete impegnato socialmente, non era solo un prete legato alle funzioni religiose: dopo esser diventato sacerdote, nel 1904, mandato prima a Cislago e poi a Tradate, ha subito dimostrato di interessarsi ai problemi sociali. Dopo lo scoppio della “grande guerra” era parroco a Carnisio, in provincia di Varese, ed era di pianta in una fabbrica tessile, attività che continua anche dopo la guerra. Finita la prima guerra mondiale, l’Italia era in un periodo di confusione. In quegli anni è nato il partito fascista. Don Folli si trova a combattere contro i fascisti ed a Carnisio venne bastonato da loro e si dice che, probabilmente, gli è stato fatto ingerire l’olio di ricino. Ma è nel 1923 che Don Folli arriva a Voldomino, quando il fascismo aveva ormai preso il potere. Si trattava di un comune a sé con duemila abitanti ed era famoso in quel periodo per essere un centro di sovversivi. Il Don si segnala subito per aver litigato con i dirigenti fascisti durante l’inaugurazione della stazione del tram di Voldomino: era stato infatti chiamato a benedire la stazione, ma dopo gli interventi delle autorità fasciste, molto retoriche secondo lui, abbandona l’incontro, andando via. Era un prete ribelle, un parroco che protestava. Durante il fascismo Don Folli diventa amico di tutto il paese: fa attività per tutti, soprattutto per i giovani. Crea una biblioteca, un coro, una palestra ed compagnia teatrale. Ha portato anche il cinema muto qui a Voldomino. Si è sempre messo a disposizione della Comunità voldominese dando interesse, occupazione ed attività culturali. Portava rispetto a tutti, anche ai contrabbandieri, che andavano sempre contro la legge. Commerciavano illegalmente sigarette ed anche zucchero.”
Don Folli, però, diventa protagonista durante la seconda guerra mondiale. “Don Folli – continua il professor Petrotta – ha aiutato tante persone a Voldomino a scappare dai fascisti e dai nazisti, che dall’Italia cercavano di raggiungere la vicina Svizzera. In un documento Don Folli giustificava l’attività fatta al Comitato di Liberazione Nazionale dei partigiani, spiegando come aveva speso i soldi. Lui ha aiutato più di 200 persone, tra soldati ed ebrei, ad arrivare in Svizzera usando i contrabbandieri e ne scrive anche i nomi: Zefferino Mongodi, Alberto Badi, Tulio Bersi ed il fratello Ludovico. I contrabbandieri ricevevano 100 lire a soldato per far varcare il confine. Proprio in questa opera di aiutare ebrei e soldati il 3 dicembre 1943 Don Folli è stato arrestato, come lo ricorda la lapide in piazza Piave. I fascisti ed i nazisti, arrivati da Milano, hanno circondato il paese ed hanno arrestato il Don, con lui anche altri 14 ebrei che arrivavano da Genova, e si erano fermati a Voldomino. Don Folli è stato picchiato, dopo esser stato legato dai fascisti, perchè protestava contro di loro che avevano picchiato una bambina. I soldati gli hanno tirato i capelli tanto da strappargliene una ciocca. Li portano tutti a in carcere a San Vittore, dove Don Folli viene interrogato dai nazisti e torturato. Ad un deputato locale, Pio Alessandrini, dirà in seguito di non aver mai fatto un nome. Fa tre mesi di carcere e durante questo periodo ha collaborato con tutti i detenuti. Dopo essere uscito viene mandato a Cesano Boscone, ma quando finisce la guerra fa rientro a Voldomino, e tutti lo aspettavano. Arrivato dopo il 25 aprile Don Folli interviene subito per bloccare la vendetta dei partigiani verso i fascisti. Le persone devono superare il concetto della vendetta, noi siamo delle persone civile, non dobbiamo vendicarci. E’ questo l’insegnamento di Don Folli, intervenuto per bloccare diverse fucilazioni ai danni dei fascisti. L’8 settembre del 1948 Don Folli viene a mancare. Ed è lì, nei giorni precedenti alla morte, quando i fedeli andavano a chiedergli la benedizione, che Don Folli dice quella frase che ha creato polemiche nei scorsi giorni: ‘Che volete di più, avete anche la benedizione di un avanzo di galera’.”
Il pensiero educativo rivolto ai bambini da parte della preside dell’Istituto Comprensivo “B. Luini”, Raffaella Menditto. “L’unica cosa che voglio dire ai bambini è questa – spiega la preside Raffaella Menditto -. Questo prete ha dedicato la sua vita ai valori come la lealtà, l’onestà, il rispetto dell’altro, e che ha messo a repentaglio la propria vita, finendo anche in carcere, per aiutare chi aveva bisogno in periodi così difficili come quelli della prima e della seconda guerra mondiale. Dobbiamo ricordare che la cosa più bella è vivere in funzione dell’altro, perchè noi viviamo in una comunità e dobbiamo cercare di aiutarci l’un l’altro, rispettandoci reciprocamente.”
L’intervento del sindaco di Luino, Andrea Pellicini, che ha ricordato la contemporanea “Festa del Tricolore”. “Abbiamo voluto scoprire oggi 7 gennaio la targa a Don Folli – dichiara il sindaco di Luino, Andrea Pellicini -, perché è il compleanno della nostra bandiera nazionale. Il Tricolore nacque il 7 gennaio 1797 a Reggio Emilia. Abbiamo optato per celebrare i due eventi insieme perché riteniamo che Don Folli, per tutto quello che ha fatto, è stata una di quelle persone che ha onorato l’Italia, soffrendo anche personalmente per quello che ha fatto per gli altri ed i suoi cittadini, per i tanti abitanti di Voldomino. Voi, bambini, venite qui a scuola a Voldomino, ma questa piccola frazione ha una sua storia, una grande tradizione.”
Così, dopo le polemiche per la targa comparsa il 17 novembre scorso (ndr, rimossa dopo poche ore), che recitava senza nessun tipo di spiegazione “Che volete di più, avete anche la benedizione di un avanzo di galera”, si è reso omaggio ad una figura straordinaria dell’antifascismo luinsese nel modo in cui meritava di essere commemorato.