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Luino: “Sulle aree centrali sarebbe auspicabile un ‘sistema concorso’ ed il coinvolgimento dei gruppi di interesse”

Creato il 03 giugno 2015 da Stivalepensante @StivalePensante

Torna a parlare della riqualificazione delle aree centrali di Luino Diego Intraina. Attraverso un elaborato scritto, infatti, Intraina auspica che il concorso di idee diventi un “sistema concorso” per poter permettere un pieno coinvolgimento della cittadinanza e di esperti nel settore in una delle problematiche più importanti che la nuova amministrazione Pellicini sarà impegnata a gestire. Intraina, in modo costruttivo e facendo gli auguri al sindaco rieletto, spera si possa trovare un percorso condivisibile tra le parti.

Progetto Lido

“La separazione delle aree centrali dall’impianto generale del PGT è stata una decisione difficile e sofferta e con non pochi rischi, sicuramente non ridotti dai termini ballerini della consegna più volte prorogata dalla Regione Lombardia. Nei tardivi e conseguentemente incontri pubblici ci si è resi subito consapevoli della non facile comprensibilità della lettura del piano da parte della cittadinanza e di tutte le forze politiche presenti a Palazzo. Infatti, il tempo a disposizione, purtroppo, non ha aiutato tale difficoltà; non si è riusciti a renderlo comprensibile e dunque si è percepita una visione generale, ottenibile solo attraverso una forte e chiara narrazione rappresentativa. Con tale immaturità narrativa non si è potuto fare altro che proporre e responsabilmente ‘condividere’ una posticipazione della decisione in una fase procedurale successiva.

L’idea delle aree centrali e del concorso internazionale sono state per l’appunto condivise e formalizzate per giustificare una difficoltà, che si spera superabile visto le aumentate problematiche dei partiti locali e dell’astensionismo in queste elezioni comunali, di elaborazione del consenso politico; processo sicuramente delicato, ma indispensabile quando si interviene su significative aree che potrebbero cambiare il volto della città, il paesaggio, insomma lo Spirito dell’abitare.

Il bando del concorso, preparato dagli uffici comunali, ben definisce l’obiettivo che è quello di arrivare alla deliberazione in Consiglio Comunale di un piano strategico di indirizzo nominato PIAC, dove però risulterà oltremodo necessario un allargato consenso politico al fine di facilitare l’inevitabile istruttoria delle varianti. Però, nonostante la stesura attenta dello scrupoloso documento, la sua lettura, a mio avviso, sembra non riuscire ancora ad essere pienamente esaustiva e pare esigere, tra le righe, una particolare esigenza: un percorso d’avvicinamento culturale che possa aiutare sia la cittadinanza e anche gli stessi progettisti a comprendere meglio la realtà di studio, insomma una fase preliminare collettiva di ‘profondo ascolto’ e di una interrogazione successiva dell’anima riflessa nei differenti luoghi.

L’esigenza nei riguardi della cittadinanza, per evitare d’immergerla nello stesso imbarazzo d’incomprensione del PGT, diventa l’individuazione e la predisposizione di particolari soluzioni adatte ad incentivare forme di coinvolgimento allargato. Questo attivo coinvolgimento andrebbe stimolato attraverso un’applicazione creativa dei diversi e differenti sensibili ambiti linguistici con cui, quotidianamente, la cittadinanza si alimenta. Individuare e dialogare con i differenti e sensibili ambiti linguistici porta ad approfondimenti dal risultato inaspettato: possibilità di fare interagire dialetticamente i soggetti singoli con il “gruppo d’appartenenza” generando così forme empatiche di relazione; esperienze capaci di generare non solo nuove visioni creative ma anche disponibilità concrete di gestione sociale.

Gli ambiti d’espressione individuabile, come la poesia, la musica, la pittura, la prosa, i filmati, la fotografia ecc., sono le classiche espressioni linguistiche dell’anima capaci di evidenziare e selezionare ‘il bello’ e il ‘giusto’ e dunque avvicinarsi a quelle condizioni irrinunciabili del paesaggio che possono essere definite le invarianti strutturali: ‘(…) Per invarianti strutturali si intendono i caratteri identitari, i principi generativi e le regole di riproduzione del patrimonio territoriale, sia per il suo valore di esistenza, sia per il suo valore di risorsa. I caratteri di invarianza riguardano: a) gli aspetti morfologici e tipologici del patrimonio territoriale; b) le relazioni fra gli elementi costitutivi del patrimonio; c) le regole generative, di manutenzione e di trasformazione del patrimonio territoriale che ne assicurano la durevolezza e la persistenza (…)’ Alberto Magnaghi

Gli stessi processi di partecipazione e condivisione, su argomenti territoriali, risultano essere facilitati nella fase di sintesi solo se questi vengono orientati verso delle educative esperienze d’individuazione, comprensione e discussione delle invarianti. Discutere, ad anima aperta, considerando il valore prezioso di questi beni comuni porta a individuare e ad accettare un linguaggio che accomuna e aiuta a non disperdere il buon senso, evitando di dimenticarsi la vera e giusta esistenza del valore del luogo: il genius loci. Ben venga dunque il concorso, ma purché questo sia articolato in modo da non rischiare la solita e consueta fine di cadere nel più profondo dei cassetti  perché denunciato d’astrattezza.

Pertanto, sarebbe auspicabile pensare non ad un semplice concorso d’idee, ma ad un sistema concorso, proprio come è di fatto l’articolato sistema in oggetto di studio delle “aree centrali”.  Un percorso articolato dove si susseguano più concorsi e interventi linguistici organizzati che, oltre a ottenere un maggiore coinvolgimento pubblico e l’organizzazione di ricchi eventi culturali, permettano un energizzante e sensibile dialogo empatico tra di loro, tanto da aprire porte di comprensione capaci d’intuire e d’individuare quelle invarianti strutturali da condividere con l’intera  cittadinanza e, successivamente, da valorizzare nel tradizionale concorso di progettazione dove si potrà intravedere riflesso il nuovo felice volto della città.

Insomma, la città ha bisogno di firmare un “patto sociale” dove si coinvolgano tutti i gruppi d’interesse, culturale, economici e politici e dove viene a loro richiesto, in questa fase di elaborazione della sua rappresentazione, di contribuire attivamente alla discussione muovendosi anche autonomamente e non solo nei momenti istituzionali, al fine di poter arrivare a delle decisioni condivise su cui tutti dovranno investire per consolidare il significato di “bene comune”. Solamente così facendo riusciremo ad intrecciare e rendere attive le intuizioni espresse dal concorso d’idee con quelle volontà condivise che sono date dall’esperienza empirica del quotidiano; solamente ricercando tale permeabilità potremo superare e uscire da quell’enfatizzato “linguaggio tecnico specializzato” di non facile comprensione dei concorsi di architettura.

La realtà la si costruisce attraverso le relazioni e non attraverso un passivo ruolo di spettatore. Su questo sono sicuro che si possa discutere e trovare un percorso condivisibile con la nuova Amministrazione Comunale a cui faccio i miei auguri”.


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