Lumen Fidei, enciclica di ponti

Creato il 01 settembre 2013 da Uccronline

Per quasi due millenni, i pronunciamenti ecclesiali (concili, bolle papali e ovviamente scomuniche) che si sono proposti di indicare la retta via della fede sono stati prevalentemente negativi, condannando cioè (anàthema sit) le storture dal retto cammino. Sia chiaro, questo è necessario, anche le leggi civili degli stati moderni sono tutte negative: per esempio viene condannato chi danneggia il prossimo, non premiato chi lo aiuta.

Il Concilio Vaticano II è stato il primo sinodo che si è concluso senza anatèmi, da allora (prevalentemente) assenti dai pronunciamenti magisteriali di vario tipo. Non si tratta propriamente di una rottura con la tradizione cristiana ma di un mutato sentire, con più attenzione ai “segni dei tempi” contemporanei, all’aspetto positivo e propositivo delle varie questioni più che a quello negativo e in qualche modo repressivo.

Da allora il “gettare ponti”, o tendere la mano, è un po’ una “mania” della Chiesa: vedi appunto il Vaticano II, col mondo e con le altre religioni (che ha portato ai fruttiferi documenti Gaudium et Spes e Nostra Aetate); vedi papa Giovanni Paolo II, col mondo ortodosso e più in là con l’ “impero del male” comunista (che ha prodotto numerosi incontri e documenti ecumenici con le chiese orientali, oltre che il crollo del comunismo); vedi papa Benedetto XVI, col mondo laicista e quello protestante nord-europeo (che ha portato alla possibilità di riconciliazione coi fedeli anglicani tramite gli ordinariati).

In quest’ottica va intesa anche la recente (luglio 2013) enciclica Lumen Fidei, “scritta a quattro mani” dai papi Benedetto XVI e Francesco. Propriamente, l’enciclica non propone particolari e nuovi sviluppi della teologia dogmatica, che ha per principale oggetto proprio la fede. Ma pone le fondamenta per diversi ponti, che possono facilitare il cammino ecumenico e il dialogo Chiesa-mondo. Queste le sezioni e i rispettivi ponti.

1. Abbiamo creduto nell’amore. La prima sezione ripercorre la storia sacra dall’inizio nella vocazione di Abramo al suo culmine nella figura di Gesù. Un ponte verso le religioni abramitiche, ebrei in primo luogo ma anche musulmani.

2. Se non crederete non comprenderete. Riprendendo la Fides et Ratio sottolinea la razionalità della fede, che come la ragione ha lo scopo di giungere all’unica verità. La fede poi non deve essere intesa come fredda concezione noetica, ma sempre unita all’amore, nella concreta esistenza delle persone. Un ponte verso un certo intellettualismo laicista, un po’ sterile se non aggressivo, che alberga in tanti occidentali.

3. Vi trasmetto quello che ho ricevuto. Esalta il ruolo della Chiesa come comunità capace di trasmettere la fede, anche tramite i sacramenti e in particolare battesimo ed eucaristia. E “l’unità della Chiesa è collegata all’unità della fede” (n. 47). Un ponte, l’ennesimo, teso verso ortodossi e protestanti.

4. Dio prepara per loro una città. Esalta il ruolo della fede come un qualcosa di non solo interiore, ma “capace di arricchire la vita comune” (n. 51) nella famiglia, nella società, nel rapporto con la natura. Un ponte verso la società civile e i governanti.

In definitiva con l’enciclica questi ponti sono stati gettati, ripetendo i tentativi già compiuti in passato. La mano è tesa. La chiamata c’è. Ora tocca a chi di dovere rispondere, nella ricerca del bene e dell’unità comune, nell’ascolto della propria coscienza e con l’aiuto dello Spirito.

Roberto Reggi


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