Ci sono, film così. Film che ti attaccano allo schermo per non lasciarti andare. Film che non hanno età, perchè raccontano storie fuori dal tempo.
Il primo film di Lunedì film è C’eravamo tanto amati. Corre l’anno 1974, e c’è dell’emblematico. Il cammino di questa rubrichella inzia con l’anno che vide il mio esordio sulla scena della vita. Sì, lo so, un po’ egocentrica. D’altronde nell’anno del fare, il mantra è ‘vogl’essere chi vogl’io’.
C’eravamo tanto amati. Io, Ettore Scola, lo amo. Perdutamente. C’eravamo tanto amati, Una giornata particolare, La terrazza, La famiglia. Ma anche Dramma della gelosia – Tutti i particolari in cronaca e Il commissario Pepe.
Come la racconta lui, la storia d’Italia, attraverso le vicende minime dei suoi personaggi, pochi altri.
Pure, C’eravamo tanto amati, in mezzo a tanta preziosità, svetta.
Sarà la storia di Gianni, Antonio, Nicola e Luciana. Saranno gli attori scelti, che delle facce così, quando mai più?
Gianni, Antonio e Nicola, tre partigiani che diventano amici nei giorni gonfi di speranza che accompagnarono la guerra di liberazione, quando tutto sembrava davvero possibile, e poi ci si accorse che non era proprio così. A guerra finita, Nicola (uno Stefano Satta Flores superlativo nel tratteggiare l’intellettuale di sinistra velleitario e privo di reale sostanza) se ne torna a Nocera, per fare il professore, Antonio (un Nino Manfredi naif e popolare, che tratteggia una figura genuina con la stessa grazia che ebbe Pane e Cioccolata e Per grazia ricevuta) riprende a Roma il lavoro di portantino, mentre Gianni (che non poteva essere altri che Gassman coi suoi tratti alteri e superbi) se ne torna a Pavia a terminare gli studi di giurisprundenza. Passa il tempo e Gianni e Antonio si ritrovano per caso in una trattoria romana. Gianni è un avvocato tirocinante, Antonio si è fidanzato con Luciana, una bellezza della provincia di Udine (“son di Trasaghis, vicino Peonis”) conosciuta in corsia (con Stefania Sandrelli che con la sua bellezza e quell’aria svagata con Scola farà sempre le sue prove migliori)
Gianni è un ambizioso, tradisce senza scrupoli Antonio, portandogli via Luciana, ma non esiterà a lasciare Luciana per Elide (una bravissima, bellissima, a tratti commovente Giovanna Ralli), quando scoprirà che dietro quella creatura ignorante e semianalfabeta si cela la figlia di Romolo Catenacci, un ex capomastro, nostalgico fascista divenuto ricco palazzinaro (e se volete ricordare quant’era bravo Aldo Fabrizi, rivedetevi questo film). Diventerà l’avvocato del Catenacci oltre che il genero, e ne proteggerà i loschi affari insieme ai propri interessi.
Elide, nonostante gli sforzi di diventare una persona colta ed elegante per compiacere Gianni, morirà in un incidente stradale che tanto somiglia ad un suicidio.
Lasciata da Gianni, avuto un flirt con Nicola, Luciana tenta il suicidio, verrà soccorsa da Antonio, ma lo respingerà, per trovare una via salvifica lontana dai tre amici e da un triangolo sempre più foriero di dolore.
Solo Antonio rimarrà fedele agli ideali per cui combatterono, emarginato in ospedale, dove combatterà battaglie che sembrano sterili nell’Italia del boom dove essere felici è un obbligo prima ancora che una scelta.
Nicola, insegnante in un liceo classico, intellettuale velleitario segue la via del cineforum e a causa dei film proposti, in particolare quelli neo-realistici viene osteggiata dalla classe dirigente democristiana.
La proiezione di Ladri di biciclette sarà la goccia che farà traboccare il vaso. Perso il posto da insegnante, lascerà Nocera e, senza troppi pentimenti moglie e figli per cercare la propria strada nella cultura in una Roma che gli appare Caput Mundi.
La sua pochezza emerge in Lascia o Raddoppia, dove perderà il raddoppio per rispondere fuori tempo massimo ad una domanda banale, in ragione di un risposta contorta.
Tirerà a campare, nel ruolo di oscuro intellettuale, sebbene lui si senta portatore della coscienza della nazione.
Dopo lungo peregrinare, a seguito di un incontro fortuito, i tre si ritrovano a cena alla stessa trattoria di tanti anni prima tracciando un bilancio della propria vita. Il solo dei tre che non ha nulla di cui vergognarsi è Antonio, che riserva una sorpresa agli amici accompagnandoli a un presidio notturno presso una scuola dove li fa incontrare con Luciana che, nel frattempo é diventata sua moglie, ed è in coda per iscrivere i loro due figli.
Antonio e Nicola finiranno per litigare sino ad arrivare allo scontro fisico.
Gianni, prima di andare via, perde la propria patente: i due la ritrovano e gliela riportano sorprendendolo, a sua insaputa, mentre sta per tuffarsi nella piscina della sua villa piena di lussi: scoprono così la vita agiata che Gianni non aveva rivelato ai due amici, per imbarazzo o per vergogna
E sui titoli di coda, ti sorprendi a riflettere su quanto fosse bravo Aldo Fabrizi, che al Catenacci, palazzinaro arido e arricchito che sarebbe stato a suo agio nella melma di mafia Capitale, riesce a dare un’anima, per quanto di fango.
E pensi a quanto era brava (e bella) Giovanna Ralli, che rende indimenticabile quella povera Elide, ignorante e mezzo analfabeta, unica, vera, innocente, vittima di tutto il film, che gli altri, almeno, la soddisfazione di sprecare le loro vite, l’avevano colta. Lei no, lei l’aveva subita e basta, come facevano, per davvero, le donne italiane in quegli anni.