Alzarsi, lavarsi, vestirsi, preparare il caffè, fare colazione, parlare con chi ti circonda per casa, annuire sorridere ascoltare, bagnare i fiori, riempire la ciotola della gatta che come ogni mattina si struscia contro le tue gambe…
Due tortorelle sul filo della luce, un volo di passeri non ancora sfiancati dalla calura, il loro cingottio che dal tetto ti risuona
L’aria leggera, fresca, che muove la tenda bianca di cretonne leggero: ristoro per la casa da due giorni
La toccata e fuga in re minore di Bach arriva sino a te dalla radio accesa
Azzurro il cielo – sgombro dalle nuvole di ieri, stamattina – i giardini quasi secchi delle case intorno
Ti chiamano i quattro calici rossi e stanchi dell’anturium nello studio: darai loro da bere prima di uscire
Pettinarsi, truccarsi, cercare un abito che migliori l’aspetto, prendere la macchina, andare in centro e parcheggiare, parlare con chi incontri per caso, annuire sorridere ascoltare, fare la spesa, riempire il bagagliaio come quasi ogni giorno…
Immaginarsi altrove, chissà dove, dovunque ma non qui, non così; pensarsi dove i campi incontrano gli alberi, dove la strada continua dritta, dove intravedi in lontananza un’ altra storia un altro domani.
Immaginarsi di ricominciare
( I quadri sono di Kathe Loewenthal, credo, ma il mio tedesco è inesistente)
A galla
Chiari mattini,
quando l’azzurro è inganno che non illude,
crescere immenso di vita,
fiumana che non ha ripe né sfocio
e va per sempre,
e sta – infinitamente.Sono allora i rumori delle strade
l’incrinatura nel vetro
o la pietra che cade
nello specchio del lago e lo corrùga.
E il vocìo dei ragazzi
e il chiacchiericcio liquido dei passeri
che tra le gronde svolano
sono tralicci d’oro
su un fondo vivo di cobalto,
effimeri…Ecco, è perduto nella rete di echi,
nel soffio di pruina
che discende sugli alberi sfoltiti
e ne deriva un murmure
d’irrequieta marina,
tu quasi vorresti, e ne tremi,
intento cuore disfarti,
non pulsar più! Ma sempre che lo invochi,
più netto batti come
orologio tradito in una stanza
d’albergo al primo rompere dell’aurora.
E senti allora,
se pure ti ripetono che puoi
fermarti a mezza via o in alto mare,
che non c’è sosta per noi,
ma strada, ancora strada,e che il cammino è sempre da ricominciare.
Eugenio Montale
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