Nuove misure sono incompatibili con le alternative.
di Silvia Fracchia
Correva l’anno 1998 quando si ebbe l’osservazione di qualcosa di assolutamente imprevisto e contrario alla logica comune: l’espansione accelerata dell’universo. Risultato: un articolo che rimase nella storia della cosmologia.
Fino a poco tempo prima l’idea dominante, forse un po’ ingenua ma senz’altro ragionevole, era che l’universo, formatosi in seguito al Big Bang, fosse soggetto a un’espansione continua e sempre più lenta a causa dell’azione attrattiva della gravità. Ma nel 1998, appunto, vennero resi noti i dati provenienti dall’osservazione di dieci supernovae di tipo Ia, celebri e affidabili candele standard. Esse risultavano essere molto meno brillanti (e quindi molto più lontane) del previsto: segno evidente di un’espansione accelerata.

La galassia a spirale NGC 5584 ha ospitato una delle supernovae di tipo Ia usate per tarare queste candele standard confrontandole con le Cefeidi. Poi altre supernovae di tipo Ia in altre galassie hanno permesso di ottenere una nuova stima del tasso di espansione dell’universo. (Cortesia: NASA/ESA/A. Riess/STScI/JHU/L. Macri/Texas A&M University/Hubble Heritage Team/STScI/AURA)
La scoperta destò un enorme scalpore nel mondo della cosmologia e, nel tentativo di dare una spiegazione a quest’anomalo comportamento, fu introdotto il concetto di energia oscura: una misteriosa forma di energia presente ovunque nell’universo e in grado di causarne l’espansione accelerata, agendo in modo contrario alla gravità. A dire il vero, non costituiva proprio una novità: già nel 1917 Einstein aveva inserito nelle equazioni della relatività generale un termine, la costante cosmologica, che agiva come una forza repulsiva, impedendo il collasso gravitazionale dell’universo che, all’epoca, era visto come stazionario. Per finire, dopo che Edwin Hubble ebbe scoperto l’espansione dell’universo, il modello di Einstein si rivelò errato e l’idea della costante cosmologica rimase come un curioso oggetto di interesse teorico. Oggi però rappresenta una delle due forme proposte per l’energia oscura, pensabile come energia del vuoto (se non fosse che ci sono “solo” 120 ordini di grandezza di differenza). L’importanza di quest’arcana entità è facilmente intuibile se si pensa che, secondo il più accreditato modello cosmologico (il modello Lambda-CDM), essa dovrebbe costituire circa il 73 per cento della massa-energia dell’universo. Tuttavia molti scienziati si danno da fare nella ricerca di spiegazioni alternative alle teorie standard.
Dietro ai ragionamenti che hanno condotto al concetto di energia oscura si nasconde un’ipotesi fondamentale e fortissima, situata alle fondamenta della cosmologia standard: il principio copernicano, secondo il quale noi non siamo osservatori privilegiati dell’universo e la materia è distribuita in maniera omogenea, cosicché tutte le sue regioni risultano equivalenti.
Se però si abbandona quest’ipotesi, è possibile trovare argomenti alternativi per giustificare l’espansione accelerata. Ad esempio quello proposto circa tre anni fa in un articolo di Timothy Clifton e alcuni suoi colleghi dell’Università di Oxford. Secondo la loro ipotesi, noi ci troveremmo in una regione dell’universo alquanto particolare. Saremmo infatti al centro di una gigantesca bolla di “vuoto” o, per meglio dire, di una grossa porzione di universo con una densità di materia di gran lunga inferiore al resto di esso e, di conseguenza, le nostre osservazioni di galassie accelerate sarebbero pure illusioni. Infatti la locale scarsità di materia determinerebbe una minore attrazione gravitazionale rispetto al resto dell’universo e perciò un più elevato tasso di espansione.
Il modello del vuoto, però, deve ora fare i conti con i dati sperimentali. Un gruppo di studiosi guidato da Adam Riess, della Johns Hopkins University di Baltimora, nel Maryland, ha riesaminato accuratamente le distanze di alcune supernovae per mezzo dell’Hubble Space Telescope e riferisce i dati in un articolo pubblicato su “The Astrophysical Journal”. Riess e i suoi colleghi hanno ricavato un nuovo tasso di espansione di 73,8 chilometri al secondo per Megaparsec. Ciò significa che, allontanandosi di un milione di parsec (pari a 3,26 milioni di anni-luce) dalla Terra, la velocità di recessione delle galassie aumenta di 73,8 chilometri al secondo. L’ipotesi della bolla di vuoto sarebbe invece consistente con un tasso di espansione molto inferiore a quello misurato: circa 60-65 chilometri al secondo per Megaparsec.
Tutto ciò è senza dubbio un punto a favore dell’energia oscura, ma i tanti seguaci delle cosmologie non standard non si danno per vinti e sono già alla ricerca di nuove spiegazioni originali e complicate. Staremo a vedere.
Riess, A., Filippenko, A., Challis, P., Clocchiatti, A., Diercks, A., Garnavich, P., Gilliland, R., Hogan, C., Jha, S., Kirshner, R., Leibundgut, B., Phillips, M., Reiss, D., Schmidt, B., Schommer, R., Smith, R., Spyromilio, J., Stubbs, C., Suntzeff, N., & Tonry, J. (1998). Observational Evidence from Supernovae for an Accelerating Universe and a Cosmological Constant The Astronomical Journal, 116 (3), 1009-1038 DOI: 10.1086/300499
Clifton, T., Ferreira, P., & Land, K. (2008). Living in a Void: Testing the Copernican Principle with Distant Supernovae Physical Review Letters, 101 (13) DOI: 10.1103/PhysRevLett.101.131302
Riess, A., Macri, L., Casertano, S., Lampeitl, H., Ferguson, H., Filippenko, A., Jha, S., Li, W., & Chornock, R. (2011). A 3% SOLUTION: DETERMINATION OF THE HUBBLE CONSTANT WITH THE HUBBLE SPACE TELESCOPE AND WIDE FIELD CAMERA 3 The Astrophysical Journal, 730 (2) DOI: 10.1088/0004-637X/730/2/119