V. Woolf
Essendo di sinistra, non faccio un c.... dalle due del pomeriggio in poi, come ha finemente sentenziato Giorgio Stracquadanio. Di conseguenza, mi dedico alla riflessione sulla lungimiranza e la saggezza di coloro che in questo triste momento costituiscono la guida del paese, loro sì strenui lavoratori.
Sarebbe un errore bollare come sorprendenti le uscite di Brunetta. Che il governo consideri la precarietà come un falso problema e i precari arrabbiati come l'"Italia peggiore" non è certo una novità. Guardiamo i provvedimenti emanati dall'esecutivo per far fronte alla drammatica situazione italiana: nessuno. Con una faccia degna della Santanché si dirà che la persecuzione giudiziaria nei confronti di Berlusconi impedisce al governo di occuparsi del problema. Accettando di voler passare per scemi, in mancanza di atti concreti, basiamo dunque l'analisi politica sulle dichiarazioni degli esponenti politici. Le ultime due perle in ordine di tempo appartengono al ministro Brunetta, di cui è nota la statura intellettuale e non. Dopo essere letteralmente scappato ringhiando di fronte a un gruppetto di precari, il genio dell'economia è andato a farsi intervistare da Lilli Gruber, che quasi non credeva alle proprie orecchie quando lo ha sentito affermare che la soluzione alla mancanza di lavoro in Italia è che i giovani vadano a scaricare le cassette al mercato alle 5 di mattina: "Se [un giovane disoccupato] vuole lavorare, quello è il modo migliore. Scaricare cassette, per tutti. E magari raccogliere mele". L'Accademia di Stoccolma ne terrà sicuramente conto e magari provvederà, premiando Brunetta con il prestigioso riconoscimento cui egli stesso rinunciò per entrare in politica e migliorare le vite di tutti noi ingrati italiani, come dichiarò anni fa a Mentana, il quale non poté che commentare: "Spero stia scherzando!". Il Brunetta-pensiero non è, in fondo, diverso da quello del suo collega Sacconi, ministro del Lavoro, il quale pochi mesi fa sosteneva che la colpa della disoccupazione giovanile è dei giovani, che si piangono addosso invece di accettare, come dovrebbero, qualunque lavoro, anche lontano dalle proprie aspirazioni. Insomma, la colpa è di chi non getta nel cestino il proprio diploma, magari di laurea, per farsi schiavizzare in un call-center. Questa sì che è armonia di vedute...
Brunetta è probabilmente quello che ha meno paura di risultare odioso (può stare tranquillo, ci riesce benissimo) e si espone di più. Sacconi resta un po' più coperto, ma mostra il fianco anche lui. Manca il terzo porcellino, la mente del gruppo. Quello nella casa di mattoni, che insieme agli altri due compari costituiva il terzetto di consulenti economici di Craxi, ai tempi in cui il futuro latitante scavava la fossa del debito pubblico italiano. Se Tremonti è più abile a nascondere il proprio disprezzo verso il popolo è solo perché, studiando da premier, non può permettersi il lusso di straparlare come i suoi colleghi. Evidentemente, però, a volte la tentazione è troppo forte e il nostro caro ministro lascia trapelare illuminanti sprazzi delle sue tesi politico-economiche, come il motto secondo il quale con la cultura non si mangia.
Ancora una volta il controcanto lo fece, tempo prima a dire il vero, il solito Brunetta. Chi ricorda il suo sproloquio contro il mondo della cultura in fermento per i tagli? Il gigante dell'economia lo dipinse come "questa Italia [...] molto elegante, molto sussiegosa, molto rappresentata, molto politicamente corretta, molto colta, molto accreditata, molto internazionale, leggermente schifosa". Subito dopo aggiunse: "Sono con noi tutti i buoni. Sono con noi gli operai, sono con noi gli impiegati, sono con noi gli artigiani, i commercianti, i liberi professionisti, gli agricoltori, sono con noi i giovani. È con noi la buona Chiesa. [...] E lo vediamo d'altra parte, non è mica che mi invento. Vinciamo le elezioni! Le vinciamo dal '94! [...] Perché quest'Italia ha capito! È mica scema l'Italia maggioritaria! Non è scema!". A giudicare dall'ultimo mese, c'è da levarsi il cappello di fronte al ministro Brunetta. Lui sì che ha il polso del paese: l'Italia ha capito.