Estratto dal messaggio del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per la Festa della Repubblica del 2014: «L’Italia può parlare a voce alta in Europa e contribuire a cambiarne le istituzioni e le politiche. (…) il problema è ora quello di passare rapidamente alle decisioni e alle azioni che possono migliorare le condizioni di quanti [in Italia] hanno sofferto di più per la crisi (…) Il cammino del nostro paese verso un futuro migliore passa egualmente, non dimentichiamolo, attraverso una lotta senza quartiere alla corruzione, alla criminalità, all’evasione fiscale.» Estratto dall’ultima intervista a Enrico Berlinguer del 1984: «Dobbiamo portare in Europa l’immagine e la realtà di un paese che non sia caratterizzato dalla P2, dalle tangenti, dall’evasione fiscale, dall’iniquità sociale (…) per portare invece nella Comunità Europea il volto di un paese più pulito, più democratico, più giusto.» E per «la crisi che attraversa la Comunità Europea» Berlinguer propone che da un semplice mercato comune i paesi europei si avviino verso un’unità politica vera e propria. Insomma, dopo trent’anni i mali sono sempre gli stessi, in Italia e in Europa. Così come le diagnosi e le cure proposte. Tutta fila liscio come l’olio. Se tutto va bene, cioè se tutto va male, fra trent’anni saremo allo stesso punto. Ci vorrebbe invece un vero cambiamento. A partire da certe formule imparate a memoria, interiorizzate ed infine istituzionalizzate dall’Italia Migliore. Forse allora comincerà per davvero a dissiparsi la nebbia.
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