Magazine Per Lei
Un tema assai scottante da trattare quello della maternità, un vero lusso estremo per me, un lusso per chiunque, in un paese come l'Italia, dominato da un culto della maternità che si ammanta di azzurro nelle confraternite cattoliche, e di nero sui quotidiani.
Eppure, sento di volerne parlare, di poterlo fare. Lo faccio da figlio, perché non posso altrimenti. C'è nel volere un figlio, qualcosa di apparentemente giusto, come c'è nel sottoporsi a cure per poterlo avere. La mia madre adottiva lo fece negli anni settanta, quando ancora fecondazioni eterologhe o in vitro non erano nemmeno pensabili, e tutto si riduceva alla comprensione e alla ricerca del fattore che inceppava il naturale meccanismo procreativo tra un uomo e una donna. Lo fece, vincendo il suo elevatissimo pudore, lo fece tra le lacrime e il senso di menomazione che provava di fronte alle altre donne, quelle che tanto facilmente abortivano il dono che lei agognava. Lo fece, mettendo a rischio il suo matrimonio che per lei non poteva dirsi completo senza dei figli, perché mio padre non era disposto a sottoporsi altrettanto tenacemente a quelle visite. Alla fine, decisero per l'adozione, e credettero di diventare genitori. Dico credettero, perché da sempre sono convinto che la presenza fisica di un bambino non sia il modo in cui ci si rende genitori davvero. Questa ne è semmai l'evidenza sociale, il marchio di approvazione visibile che placa la sensazione di normalità che le donne sterili sentono di aver perso, o da alle donne fertili la pacificazione biologica. Ma quali sentimenti sono davvero in gioco in questi casi? Quelli della madre o del bambino? Più consapevoli e meno schiave di questo rito sociale, le donne moderne hanno cominciato a sentirsi meno a disagio sia nel non desiderare figli, che nel desiderarne ad ogni costo, e queste ultime hanno chiesto alla scienza, più che alla fede o ad un marito,( la fede e i mariti richiedono rassegnazione, la scienza no), di garantirgli non solo questo diritto, ma anche un tempo più ampio e gestibile per farlo. Le gravidanze si pianificano oggi in base a molti criteri, alcuni dei quali assolutamente discutibili, ma che sono assolutamente parte di un “diritto” della donna stessa ad autodeterminarsi, come madre. Quindi abbiamo madri che congelano ovociti, banche del seme per donne single, e cliniche per la fecondazione che si occupano di perfezionare il “concepimento”, laddove la natura si sia dimostrata ostile e capricciosa, come anche di farlo oltre un tempo una volta considerato utile e calcoli cartesiani in grado di farle partorire senza accumuli adiposi(circa all'ottavo mese, per impedirne la crescita esponenziale dell'ultimo periodo) Il tempo per diventare madri come quello per essere fidanzate e mogli si è messo a disposizione delle persone come se la loro vita si fosse prolungata di una cinquantina d'anni e anche se in realtà la vita media si è allungata davvero, si vive sempre una media di ottanta anni nei quali fare tutto è davvero complesso ma non più impossibile. Per questa possibilità fatata, magia di un progresso lussuoso ed estremo, abbiamo le Fatemadri. Non intendo neanche lontanamente giudicare la nuova generazione di donne over che dai quarantacinque ai cinquanta intendono diventare madri ad ogni costo, ma vorrei osservare questo “diritto” da un altro punto di vista, quello di un lusso che può essere estremo. Certo, definirlo lusso e aggiungere estremo è quanto di più simile ad un giudizio, io possa concepire, tuttavia nessun gioco è davvero “senza frontiere” e non mi va di accodarmi al coro di coloro che giustificano tutto ciò che materialmente è possibile fare, come “da farsi”. Mi ricordo di quando nell'ambito delle amicizie di famiglia, una conoscente con già tre figli grandi rimase incinta a quarantacinque anni,(forse per uno sballo ormonale) ed essendo assai religiosa decise di tenerlo. Io e la Maria Luisa eravamo già madre e figlio da diversi anni, sulla carta, e agli occhi di tutti, ma in realtà diffidavamo l'uno dell'altro, io, perché cercavo di capire se mi amava prima di fare ciò che chiedeva, lei, perché non capiva come mai non facessi quello che voleva dal momento che era mia madre e quindi il suo bene per me, non era in discussione. Comunque, tutta la comunità di cui facevamo parte, lodava pubblicamente l'attempata gestante, ma privatamente il suo stato era diventato davvero interessante, come le telefonate tra la Maria Luisa e le sue amiche, in cui l'atteggiamento da Madonna in attesa del Cristo, di cui l'attempata gestante si beava alle funzioni domenicali, veniva liquidato come deficienza, insieme ai discutibili completini premaman che la facevano sembrare ancora più vecchia. Perché la Maria Luisa non comprendeva la gioia di quella donna? Le uniche a godere di una certa protezione da ciò sono le celebrità, ma le persone comuni, pur avendo gli stessi “diritti” e potendoli esercitare, si trovano in condizioni assai più difficili nel portare avanti la loro scelta “normale”. Perché? Sembra che, le donne mature che esercitano il loro “diritto” ad essere madri, si espongano oggi allo stesso scenario di quand'ero bambino, in quanto, c'è chi ne plaude la libertà e chi ne discute la sensatezza. Ma il vero lusso sta nel poterselo permettere, poiché i costi di tale libertà spaziano dall'economia alla salute mentale, e non tutti possiedono entrambe le cose, o l'una potrebbe escludere l'altra. In ogni caso, finiti i canonici nove mesi, tutte le signore diventano madri esattamente come tutte le donne, che siano giovani, vecchie, psicopatiche, mentalmente stabili, grasse o liposucchiate, ricche o povere. E qui sta “l'estremità” del nuovo lusso, cioè che dura per tutte lo stesso tempo! Hanno tutte nove mesi in cui essere vezzeggiate, criticate, indaffarate o allettate, serene o nevrotiche, al lavoro o in malattia, ma finiti i quali possono contare solo su un paio di mesi prima che chiunque torni ad ignorarle. Eccezion fatta per le over, le quali, se non altro, non verranno mai ignorate davanti al nido dalle madri più giovani, come succede vicino a casa mia, dove si creano due fazioni di madri che si assemblano in attesa dei propri “miracoli”, di cui è evidente la separazione anagrafica a causa della cilindrata dei propri Suv. Nove mesi per saziare la propria soddisfazione filiale, dopodiché comincia il lavoro vero, quello che nessuno ti riconosce ogni volta, quello che a nessuno importa come lo svolgerai. Tuo figlio sarà nato, e ora dovrai conoscerlo, e sperare che questo sia un piacere reciproco. E' contro te stessa che dovrai lottare perché sia così, perché non crederai mica che averlo messo al mondo sia stato il dono che gli hai fatto vero? Sarà il mondo quel dono in serbo per lui, il mondo che tu dovrai lasciargli senza pretendere nessun rimborso per averglielo mostrato. Come potrai farlo con amore, se per "averlo" sei stata disposta a tutto? -l'altro giorno un amichetto ha detto a sua madre: mamma, perché Edoardo viene sempre con sua nonna?- così, una amica che rimase incinta a quarantasette anni commentò con me le sue gioie di madre, mentre le coprivo la ricrescita. No, non intendo fare nessuna differenza tra quelle che restano incinte naturalmente a quel tempo, e coloro che lo fanno per scelta con l'aiuto della scienza, magari dopo aver inseguito una brillante carriera. Ci pensano già gli altri. Single o sposate, conviventi o meno, naturali o adottive, tutte affrontano lo stesso percorso una volta che hanno ciò che volevano. Ma che dire di loro, dei figli? Intendo invece trasportarvi nel tempo di un ventennio, quando a sessantacinque anni il vostro figliolo ragione della vostra vita, o vita in ragione vostra che sia, vi chiederà comunque di andare a ballare fino alle tre del mattino, o vorrà farsi il piercing al labbro, o il tatuaggio, o qualunque altra diavoleria i suoi vent'anni reali lo spingeranno a desiderare, e vi chiedo: ce l'avrete la forza di dirgli che alla sua età voi neanche ve lo sognavate? E ancora di più di sentire la risposta, tipo: ma se quando tu avevi vent'anni c'era ancora internet wi-fii! O che ne dite di doverla andare a prendere a 1500 km da casa, alla vostra età perché dopo l'ennesima lite tra voi, vostra figlia è salita su un treno per il sud senza biglietto ed è stata arrestata dalla polizia ferroviaria e trattenuta con prostitute nigeriane e spacciatori? Quanto saranno lontani i tempi in cui gli sorridevate con le zampe di gallina e il biberon, o con la fronte spianata dal botox cercavate invano di fargli le faccette buffe? Beh, direte, ma ci sarà suo padre per questo, mica l'ho fatta con uno più giovane per niente no? Può darsi, come può darsi che un figlio sia ciò che di più normale si possa desiderare, anche a cinquant'anni, ma può anche darsi che sia l'uno che l'altro vi considerino, col tempo esattamente nello stesso modo, un po' troppo vecchie per loro! Certo potrete raccontare di cosa non avete passato per dare ad uno un figlio, e all'altro una madre, di come entrambi siano stati ingrati con voi, di come volevate soltanto una vita normale, una famiglia, o forse vi sorgerà un dubbio: un limite deve essere stabilito alla licenza di egoistica soddisfazione filiale? Io e la Maria Luisa ce lo siamo domandati per anni, senza parlarcene mai. Io sono giunto alla conclusione che un figlio viene al mondo come può, ma una madre non può diventarlo come vuole. Lei è ancora lì che racconta strane storie su desideri normali, che dato ciò che chiedono poi in cambio, a me paiono dei lussi estremi ,che lei come altre, non avrebbero potuto permettersi. A chi resterà il vuoto di cui queste Fatemadri si sono liberate? leggete un pò qui sotto. http://archiviostorico.corriere.it/2011/novembre/07/madre_nonna_pentita_figli_dopo_co_9_111107029.shtml
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