Grazie a Basketcaffe.com posso raccontarvi una storia, una mia esperienza personale e che per certi versi e in alcuni episodi ha coadiuvato la mia passione per la palla a spicchi. A settembre 2010 ho compiuto un viaggio, un percorso, un tirocinio, un’esperienza di vita e chi ne ha più ne metta nel continente africano e più precisamente a Nairobi, capitale del Kenya. Sono stato lì un mese grazie al progetto di Karibu Africa, una Onlus padovana, denominato “Studying Africa in Africa”. Descrivere per filo e per segno il mio viaggio non avrebbe senso e per di più a parole non ne sarei capace, quindi ho deciso di elaborare delle riflessioni e descrivervi alcuni episodi di quello che ho vissuto lì e che hanno anche a che fare con la nostra comune passione per la pallacanestro.
Partiamo da un dato di fatto e cioè che il Kenya è la terra del calcio, tutti e veramente tutti hanno una grande passione per il nostro sport nazionale, probabilmente il colonialismo inglese ha dato una mano. In ogni caso a Nairobi Chelsea, Manchester United e la nostra pazza Inter (soprattutto per la presenza del keniano Mariga) sono le squadre maggiormente amate. In ogni momento della giornata si può accendere la televisione e trovare la diretta di una partita di qualsiasi campionato, oppure la replica o altrimenti la replica della replica. Ah, apro e chiudo una parentesi: in Kenya i due sport più praticati sono, invece, la corsa (soprattutto le lunghe distanze e Paul Targat e Wilson Kipketer direi che ne sono i migliori interpreti keniani) e il rugby (infatti la squadra keniana in Africa è seconda solo agli Springboks).
Ok dopo questa breve introduzione vi racconto una giornata che nella sua semplicità è stata per me un momento indimenticabile. Mi ricordo benissimo il giorno, era domenica 19 settembre. Dopo una mattinata di riposo le coordinatrici del gruppo ci propongono la visita al Ndugu Mdogo Kerarapon, un centro di ragazzi di strada. In questa struttura vengono riabilitati ragazzini adolescenti per essere reintegrati nella società dopo essere stati abbandonati o nel peggiore dei casi violentati. Arrivati con il nostro Matatu (pulmino keniano) la


P.s A me l’ultimo petalo della margherita dice sicuramente “M’AFRICA”!






