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Regia: Fritz Lang Anno: 1931 Titolo originale: M - Eine Stadt Sucht Einen Mörder
Voto: 8/10
Pagina di IMDB (8.4)
Pagina di I Check Movies
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Fritz Lang con il suo M meriterebbe un approfondimento particolare. Approfondimento che scaturisce dalle sensazioni che provoca nello spettatore che si affaccia su quella parte di cinema che ha fatto storia. Ieri come oggi, come domani. Impossibile non restarne affascinati. Eppure la sorpresa non avrebbe dovuto essere così tanta, del resto il suo Metropolis è tra i miei film preferiti. Qui però il genere è ben diverso: non più fantascienza distopica, ma un thriller che introdurrà il noir e dalle numerose sfaccettature sociali. Il protagonista M è un Mostro (morder, assassino in tedesco), di quelli della peggior specie: probabilmente un pedofilo, le sue vittime sono tutte bambine. E’ introvabile, le forze dell’ordine cercano in ogni dove, ma è sfuggente, una persona ordinaria che vive nell’ombra e nell’anonimato. Anche la criminalità organizzata ha tutto l’interesse affinchè venga catturato e reso innocuo. Già, perchè il Mostro è un male per tutti quanti, madri esasperate e timorose, poliziotti con il senso del dovere, delinquenti comuni che non possono più agire tranquillamente come un tempo. M impersona la paura più alta di tutte: colui che, introvabile, si aggira per le strade e miete giovani vittime che non faranno mai ritorno a casa. Piccole ed innocenti. La trama è semplice quanto spietata, Lang non perde tempo con iperbolici giri di parole o di macchina da presa. Porta su grande schermo il timore più nascosto e terribile che esista. La società tedesca è profondamente spaccata, ma si unisce inconsapevolmente ed inizialmente per motivi differenti, nella ricerca spasmodica di colui che è tra loro. Il fatto che il pedofilo aguzzino possa essere chiunque, è un’ulteriore ingrediente di terrore che alimenta il disagio collettivo. L’opera di Lang è completa e circolare dal punto di vista sociale e psicologico. E’ il primo film sonoro del regista tedesco e non a caso riesce a sfruttare al meglio questa tecnica: l’assassino verrà riconosciuto, da un cieco per giunta, grazie al motivetto che fischietta di tanto in tanto mentre adesca le bambine. Il sonoro quindi non è solo una mera trovata commerciale o d’intrattenimento: è uno strumento essenziale per la riuscita del film. Anche la cantilena iniziale ne è un assaggio indiscutibile e Lang non si limita ad infiocchettare musica e dialoghi come hanno fatto altri, ma rende l’audio complice quanto l’aspetto visivo. Basti pensare all’ombra dell’assassino mentre parla con la ragazzina, o alla palla che rotola solitaria sul prato ed il palloncino che si scontra con i fili telefonici. Immagini e suoni quindi, ma anche i volti dei protagonisti come quello di Peter Lorre che soprattutto nella parte finale con la propria straziante autodifesa riceve primi piani che ne evidenziano la follia. Già, follia o pazzia che caratterizzano gli efferati delitti di cui si macchia. A questo punto sarà il tribunale popolare a decidere delle sue sorti. Può meritare un uomo del genere di vivere? Può la società rischiare che la pena non sia adeguata e permettere che un cavillo o la sorte lo facciano tornare a fare del male? E se il suo essere un mostro deriva da una malattia psicologica che gli impone determinati atteggiamenti, senza la facoltà di poter prendere una decisione, è giusto condannarlo o è giusto cercare di curarlo? A quale prezzo? Lang conosce gli umori del tempo in cui vive, e sembra anticipare anche quelli dei decenni a venire: gli interrogativi del tribunale composto da criminali e derelitti dà voce ai dubbi ed ai timori delle persone comuni che vogliono giustizia e tranquillità ed il prezzo da pagare non risulta poi così chiaro e cristallino. Il volere della giuria rispecchia le emozioni a caldo, quelle umane, che spesso si ritrovano a dover fare i conti con le istituzioni, non sempre in linea con loro. Bellissimo, superbo, contemporaneo
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