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Ma a qualcuno interessa il paziente?

Creato il 15 dicembre 2010 da Occhioalgolf

 

Ma a qualcuno interessa il paziente?

Fonte: Flickr

È guerra tra il governatore Roberto Formigoni e l’assessore alla Sanità, Luciano Bresciani, colpevole di aver svelato la «inevitabilità» delle nomine politiche ai vertici della sanità («i direttori si scelgono in base al numero dei voti presi dai partiti che governano»). L’assessore, atteso alla presentazione del bilancio annuale dell’Aiop Lombardia, l’associazione della sanità privata guidata da Gabriele Pelissero, non si è fatto vedere. «Come mai non c’è l’assessore? Chiedetelo lui, non a me» ha risposto Formigoni a chi gli ha fatto notare l’assenza di Bresciani. «Non facciamo una tempesta in un bicchier d’acqua — ha detto — sono in perfetto accordo con i vertici della Lega».
Ma con l’assessore Bresciani siamo allo strappo. Il numero uno della sanità lombarda ha confermato che non farà un passo indietro e, per ribadirlo, ha sottolineato che «il presidente nominerà i direttori generali dopo aver sentito l’assessore: così vuole la legge». Il clima è teso. Ma a Roberto Formigoni non è bastato bacchettare duramente il suo esponente di giunta. E così ha alzato il telefono per chiamare direttamente Umberto Bossi: «Vedi un po’ tu che cosa fare», ha spiegato in modo secco il governatore al gran capo del Carroccio, chiedendogli in pratica se non la testa, almeno un forte ridimensionamento di Bresciani. Che con Bossi ha un rapporto molto stretto (è stato il suo cardiologo, lo ha curato nelle prime fasi della malattia), e per questo difficilmente può essere allontanato dal suo incarico. Dovrebbe restare al suo posto, ma guardato a vista dagli stessi leghisti del Pirellone, parecchio irritati — a cominciare dal vicepresidente della giunta Andrea Gibelli — dalla sua ultima uscita.
Ecco come Davide Boni, presidente lumbard del consiglio regionale, commenta le dichiarazioni di Bresciani: «Un bel tacer non fu mai scritto, non si può istituzionalizzare una logica di spartizione nelle nomine». E mentre Filippo Penati, vicepresidente pd del consiglio regionale, chiede che «Bresciani sia commissariato finché non saranno finite le nomine» per evitare la spartizione delle poltrone, nel nuovo quartiere generale della Sanità, emergono i retroscena che hanno spinto l’assessore a fare esplodere la questione. «La spartizione è vittima di una logica di potere — ha ricordato Bresciani — quella del federalismo è un’altra. È il volume dei voti espressi dai cittadini che determina le quote dei direttori generali». In sostanza, l’assessore vuole avere voce in capitolo sulle nomine, evitando i riti del passato, quanto la regia delle nomine era nelle mani dei vertici del Pirellone e di Giancarlo Abelli, il vero “ras della sanità”. Ma che l’assessore non fosse in sintonia con Formigoni era già emerso in altre due occasioni. Nel mese di maggio, Bresciani è intervenuto, con decisione, per bloccare il blitz sul patrimonio del Policlinico, con gli immobili che sarebbero stati affidati a Infrastrutture Lombarde, la holding regionale. E qualche settimana fa, altro punto di attrito, stavolta con il cognato di Formigoni, l’assessore alla Solidarietà sociale, Giulio Boscagli. Quando Bresciani ha capito che, con il piano sociosanitario, tutto il capitolo dei malati cronici sarebbe stato “scippato” alla sanità (dove il cittadino ha diritto a servizi gratuiti) per finire in quello dell’assistenza (dove c’è, invece, la compartecipazione alla retta), Bresciani ha puntato i piedi e l’operazione non è passata. Ora con le nomine, il dissenso si è fatto più clamoroso, ma Bresciani non demorde. Tutto questo mentre nella sanità cresce la protesta sui salari. In 150 hanno occupato la direzione del San Paolo per due ore.


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