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Ma anche NO!

Creato il 03 maggio 2011 da Dida
Ecco una serie di libri che, secondo il mio modestissimo punto di vista, non vale la pena leggere. Tutti e quattro i libri di cui parlo oggi, li ho comprati dopo aver letto le più che favorevoli recensioni su vari quotidiani e settimanali. Dopo parecchie fregature ricevute da chi mi consigliava di leggere "il più grande romanzo dei nostri tempi" di turno, ho imparato a non fidarmi troppo dei "recensori", ma di affidarmi alle opinioni dei lettori. Per questo motivo, ma anche per sfogare un po' di rabbia depressa ;), ho deciso di scrivere questo post. Allora:
  1. "Memorie di una musa" di Lara Vapnyar Io amo alla follia non solo la Grande Narrativa Russa, ma soprattutto l'atmosfera che vi si respira. E' come se ci fosse una sorta di senso di appartenenza fra me e quei personaggi, adoro leggere le loro descrizioni, adoro ogni loro gesto, che studio nei minimi particolari per poterlo far rivivere nella mia fantasia, mi vien sempre voglia di strappare quegli uomini e quelle donne, dignitosi e appassionati, dalle pagine del romanzo e conversare con loro. Quando quindi uscì questo romanzo, che prometteva di unire la" grande tradizione del romanzo russo alla schiettezza della narrativa contemporanea", mi sembrò doveroso comprarlo. Inoltre il tema risultava essere parecchio interessante: la storia di una donna il cui scopo nella vita è riuscire a diventare una musa ispiratrice! Il libro inizialmente risulta parecchio piacevole, ma man mano che va avanti la narrazione si fa scialba. La protagonista viene totalmente ridicolizzata nelle descrizioni, il protagonista maschile incarna ogni banale clichè che si può dire o pensare su uno scrittore. Il libro diventa banale e noioso, le vicende descritte iniziano a trascinarsi e a ripetersi più volte, tanto che il lettore esausto non può far altro che chiudere il libro e ripromettersi di non riaprirlo più.
  2. "La Manutenzione degli affetti" di Antonio Pascale Questo libro dovevo leggerlo per un progetto di scuola ed anche se si trattava di un compito che mi era stato assegnato, non sono mai riuscita a finirlo. Ho riprovato dopo anni a rileggerlo e posso dire, con orgoglio, di essere arrivata a pagina 53 su 140.  Si tratta di sette storie che aspirano ad essere "sette ritratti ironici e minuziosi che sembrano sbucare fuori dagli angoli della vita", ma chi si rivelano un'accozzaglia di luoghi comuni sul senso di alienazione, vuoto e mancanza della piccola borghesia contemporanea. Fin troppo pompato dalla critica è un libro talmente banale che invece di far riflettere innervosisce e svilisce.
  3. "Prima di Morire Addio" di Fred Vargas C'è da premettere che io non sono una giallista, anzi, è un genere che proprio non mi piace. Quando però ho sentito parlare di Fred Vargas e dei suoi geniali romanzi scritti in soli 21 giorni, mi sono convinta a comprare la sua ultima pubblicazione e posso tristemente dire che si è trattato di un pessimo investimento. I personaggi sono troppo stereotipati, troppo occupati ad incarnare i vizi e le stramberie degli imperatori di cui portano il nome (Nerone, Tiberio e Claudio). Il caso da risolvere è messo in secondo piano, con l'intento da parte della Vargas di iniziare un'indagine psicologia sui personaggi, tentativo che fallisce miseramente perchè alla fine del romanzo i protagonisti risulteranno essere sempre gli stessi, compiranno sempre gli stessi gesti e di loro non sappiamo niente di più di quello che sapevamo appena li abbiamo incontrati. Il romanzo si legge in poche ore e si dimentica molto facilmente. 
  4. "Ma le stelle quante sono" di Giulia Carcasi  Classica lettura da ombrellone. Letto l'estate della maturità (ben cinque anni fa :')) alla ricerca di un po' di leggerezza e di qualche lettura tranquilla con la quale rilassarmi. Nota di merito sta nella trovata di dividere il libro a metà e di raccontare la storia secondo due punti di vista: quello di Lui e quello di Lei. Se la Carcasi, però, fosse stata un po' più esperta ci avrebbe pensato bene prima di utilizzare questa tecnica narrativa. La storia vista dal punto di vista maschile è sbrigativa e sciatta, si sente troppo la "mano femminile", non c'è il minimo impegno da parte della autrice di immedesimarsi nella "parte". Sfogliando anche altri libri della Carcasi in libreria ho notato questa discrepanza. C'è sempre un ruolo a lei congeniale che è descritto in modo adeguato e preciso , mentre quello speculare viene indagato in modo sciatto e sbrigativo. Sarebbe stato più sensato utilizzare degli inserti all'interno della narrazione, in cui far sentire anche l'altro punto di vista e non dedicare un'intera parte del libro all'altra voce narrante.
E voi cosa ne pensate di questi romanzi? Li avete letti?Alla prossima

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