Uno dei più grandi cantanti cristiani italiani è certamente Vasco Rossi. Un’affermazione quasi blasfema, lo sappiamo. Lui sarebbe profondamente in disaccordo, non solo per il suo dichiarato nichilismo/agnosticismo, le sue convinzioni e il suo stile di vita. Eppure, le riflessioni che pone e si pone, nei suoi brani, contengono una profondità e lucidità tale -nella loro semplicità- da confermare (a sua insaputa) la ragionevolezza del cristianesimo.
Vasco Rossi non soltanto canta autenticamente l’uomo, ma individua perfettamente la sua condizione attuale. «Quando cammino in questa valle di lacrime, vedo che tutto si deve abbandonare. Niente dura, niente dura e questo lo sai. Però, non ti ci abitui mai. Chissà perché?». Queste le parole della canzone “Dannate nuvole”, suo recente singolo. «Sono confuso, non son sicuro. Quando mi viene in mente che non esiste niente, solo del fumo. Niente di vero, niente è vero. E forse lo sai. Però, tu continuerai. Chissà perché?».
Domande serie, brucianti -altro che le canzonette che passano continuamente in radio-, davanti alle quali ogni uomo dovrebbe trascorrere l’esistenza. Interessante come sappia individuare la grande confusione in cui versa l’uomo di oggi, la spietata convinzione che “niente dura niente”. Ma, sopratutto, il riconoscere che “non ti ci abitui mai. Chissà perché?”. E’ vero, l’uomo non si accontenta mai, non riesce a placare la domanda di senso, di significato, di “oltre”, chissà perché. E’ una ribellione al pensiero dominante, che indica il nulla come unico destino della vita e un assoluto relativismo come unico modo di pensare.
«L’uomo “sa”, ne ha il confuso e nitido presentimento di essere fatto per una destinazione infinita, che sola può colmare quello “spazio” che egli sente di avere dentro di sé, uno spazio che chiede di essere riempito», ha concordato Benedetto XVI, scrivendo nel 2006. «Inquietudine, insoddisfazione, desiderio, impossibilità di acquietarsi nelle mete raggiunte: queste sono le parole che definiscono l’uomo e la legge più vera della sua razionalità. Egli avverte un’ansia di ricerca continua, che vada sempre più in là, sempre oltre ciò che è stato raggiunto». Fino a qui Vasco e Ratzinger sembrano fare la stessa lettura dell’uomo: davanti alla fragilità del mondo, dentro di noi sentiamo la certezza d’essere fatti per qualcosa che dura.
Ma, se nel primo c’è confusione, incertezza, perplessità, il secondo riesce ad andare oltre, ad offrire una risposta all’altezza della vibrazione della domanda: «Dio, l’infinito, si è calato nella nostra finitudine per poter essere percepito dai nostri sensi, e così l’infinito ha “raggiunto” la ricerca razionale dell’uomo finito. Sta qui la “rivoluzione” cristiana: Dio Creatore “raggiunge”, oggi e permanentemente, la ricerca razionale dell’uomo tra gli uomini: “Io sono la via, la verità e la vita”».
E’ nella natura della ragione desiderare l’infinito. Per alcuni è un’illusione, un tranello. Per altri è una domanda reale, ma senza risposta. Per noi, invece, è la firma che il Creatore ha posto in noi, perché non ci allontanassimo troppo. E’ la prova più evidente che siamo fatti da un Altro e per Altro, e che «il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Te» (Sant’Agostino).
Qui sotto il video di “Dannate nuvole”