di Chiara Fici
Può sembrare una provocazione, chiuderla? E poi? Che succede? Mandare a casa la classe dirigente? Tutti i dis-amministratori? Si tutti, regionali, comunali, provinciali, enti pubblici. Pensate che la città possa naufragare ancora di più nei disservizi? Peggio di cosi? Chissà magari può essere un’idea, magari i cittadini, finalmente liberi di pensare a se stessi, in autogestione riuscirebbero a trovare il bandolo della matassa ed almeno i servizi minimi essenziali riuscirebbero a garantirseli. Non assisterebbero più alle invereconde sceneggiate della giunta regionale a testata multipla, sicuramente non metterebbero una tassa per attraversare la città, e tutti gli accorgimenti per evitare la mancanza d’acqua, l’interminabile vergogna dei rifiuti, rifornire le scuole di gessetti e carta igienica (qualcuno potrebbe sorridere) insomma quel minimo di organizzazione sociale che aiuti i nostri figli a vivere decentemente in quella che avrebbe potuto essere una città gioiello del Mediterraneo e perché no dell’Italia. Purtroppo nei cittadini si è consolidata la consapevolezza di vivere in una città completamente allo sbando, il caos del traffico, (che non è quello del noto film di Benigni), servizi costosi e spesso inesistenti, periferie degradate e senza un minimo di progetto per risanarle, se a tutto questo aggiungiamo i disagi, questi si inevitabili, dovuti ai cantieri per la metropolitana, alla crisi economica diffusa, ecco che abbiamo fatto un quadro completo. Coraggio, è giunta l’ora, fermiamoci, resettiamo tutto, ripartiamo dalle piccole cose, proviamo e ricostruire quel minimo di convivenza civile, un tempo fiore all’occhiello della gente siciliana, acceleriamo sulla cultura, sugli eventi, rimettiamo al centro della nostra vita la solarità di un popolo che per intelligenza, clima, ambiente e terra è stato baciato dagli Dei, rimettiamo al centro della nostra vita la storia, le nostre tradizioni popolari, la fierezza e la voglia di vivere. Proviamo a riunirci intorno al nostro simbolo, il Trischele, riprendiamo a pensarlo come un simbolo della vita, alfiere e testimone di una rivoluzione che parta dal basso, dai cittadini, e che torni a sventolare libero e che sia capace di restituirci, insieme alla gioia, l’orgoglio di essere siciliani. Pensiamoci bene, in fondo è questo di cui siamo stati scippati in decenni di orrori e malversazioni, ed è di questo che dobbiamo appropriarci di nuovo per avere una speranza di futuro.