Per tenere aggiornati amici e parenti sui suoi spostamenti ha aperto un blog, e poi un bel giorno un suo amico gli dice “dai, vai a fare quel tuo balletto stupido che lo registriamo”. Matt carica il video dei suoi balletti in giro per il mondo sul suo sito e nel 2005 lo ritrova su una piattaforma chiamata YouTube. Un ragazzino si spacciava per l’autore, aveva totalizzato un milione di visualizzazioni e stava raccogliendo delle donazioni dagli utenti. Pare ci abbia guadagnato circa 200 dollari, al che Matt avrebbe commentato semplicemente “buon per lui”.
Di video Matt ne ha poi fatti altri, di cui l’ultimo è comparso in rete nel 2012. Sono tutti spassosissimi, ma non è questo il punto. Non so spiegare bene perché i suoi video mi emozionino fin quasi alle lacrime. Forse perché in pochi minuti esprimono quasi tutto quello che amo del viaggiare, la spensieratezza, il contatto tra culture, la stupida serenità di chi si trova a migliaia di chilometri di distanza da casa e non si rende conto di quanto sembri idiota alle gente del luogo. Forse perché in ogni scena di ogni singolo video, Matt è sempre quello che balla peggio e al tempo stesso sembra essere quello che si diverte di più.
Un viaggio, soprattutto se lungo e avventuroso, e tutt’altro che un idillio prolungato tra luoghi paradisiaci e gente amorevole. È fatica, incertezza, afa e sete, fame e nausea, freddo e paura; è l’eterno domandarsi da che parte andare e il frequente rispondersi “non era di qua”. Nel caso mio e di molti altri, il viaggio è anche solitudine, che si tratti di scelta o imposizione. Ma in ogni viaggio ci sono quei momenti tali da convincerci che tra i milioni di miliardi di possibilità offerte dall’infinito tessuto spazio-temporale, in quel preciso istante siamo esattamente nel posto giusto per noi, con le persone giuste, lo spirito giusto, e forse anche i vestiti adatti.
Ecco. Forse i video di Matt mi piacciono perché mi ricordano quei momenti. I momenti per cui amo viaggiare.
Flavio Alagia
Dopo una laurea in giornalismo a Verona, mi sono messo lo zaino sulle spalle e non mi sono più fermato. Sei mesi a Londra, un anno in India, e poi il Brasile, il Sudafrica… non c’è un posto al mondo dove non andrei, e non credo sia poco dal momento che odio volare. L’aereo? Fatemi portare un paracadute e poi ne riparliamo.