di Atropa BelladonnaNel 1918 Antonio Taramelli pubblica un reportage sul santuario nuragico di Sant’Anastasia, illustrandone con dovizia di particolari i reperti e tentando perfino una ricostruzione, quanto meno audace, della facciata del tempio. Il tempio a pozzo nuragico, risale al 1200 a.C. circa, ed è costruito in basalto scuro e calcare bianco: il pozzo sacro, con i suoi 12 gradini, è tuttora visitabile, mentre la struttura sovrastante rimangono solo pochi filari di pietre. Taramelli rimase colpito, come del resto chiunque legga il suo reportage, da alcuni reperti a dir poco singolari, che commentò con dovizia di particolari e con analisi comparative. Fu colpito innanzitutto dalla grande protome taurina in basalto e dai massi con sporgenze mammillari: a tutt’oggi non si sa bene a quale struttura appartenessero, se all’area esterna del pozzo od al secondo pozzo sacro di Sardara; il Taramelli li inserì nella facciata della sua ricostruzione, obbedendo soprattutto a suggestioni minoiche. Ma, dice egli stesso, non si può negare che accanto ad una divinità femminile - richiamata dalle sporgenze mammillari - ed a un concetto maschio-femmina della divinità, come testimonia lo spettacolare fallo con seni (su cui tornerò), ve ne fosse una tauriforme e autoctona. Quel toro ben sparso in tutta l’area mediterranea, ma non certo latitante sull'isola. E neppure mancò di notare come la forma del pozzo di Sardara richiamasse quella di una tempio cananeo del XV secolo a.C., quello di Tell Tanach. Mostrò anche due fotografie, purtroppo di pessima qualità, di quella strana figura antropomorfa con bastone semi-lunato, nasone e gambe divaricate, su un frammento di vaso di terracotta. Leggi tutto