Umberto Scopa. Una nota canzone degli 883 diceva “hanno ucciso l’uomo ragno” e continuava dicendo “chi sia stato non si sa, forse quelli della mala o forse la pubblicità”. Ho fatto indagini, e posso dire che non sono stati quelli della mala, né la pubblicità, sono stati invece quelli della “Marvel Comics” e credo di averne le prove. Il luogo del delitto è presto detto. C’è una miniserie a fumetti di sette numeri pubblicata dalla Marvel Comics tra il 2006 e il 2007 dal titolo “Civil war”. La sua singolarità è di essere un “crossover”, cioè una storia che coinvolge tutte le testate Marvel, e riunisce eccezionalmente in un unico universo narrativo tutta una serie di personaggi – in questo caso parliamo dei supereroi – che altrimenti non si incontrerebbero. Tutti i supereroi, ognuno dei quali è protagonista nella sua serie di fumetti, compaiono come coprotagonisti in questa serie speciale. Un po’ come una comunicazione a reti unificate. Ho pensato che se gli autori hanno deciso di realizzare una comunicazione a reti unificate al pubblico dei lettori abbiano voluto trasmettere qualcosa di significativo e in quest’ottica ho voluto ragionare. Ma non immaginavo certo di arrivare alle conclusioni che leggerete.
I personaggi principali della miniserie “Civil war” sono gli stessi supereroi che leggevo venti o anche trent’anni fa. Ritrovarli dopo tanto tempo, e molto cambiati, mi ha fatto una certa impressione. Parlo di Capitan America, Thor, l’Uomo Ragno, Iron Man, i Fantastici 4 e altri. La prima sensazione stridente, rispetto ai ricordi delle mie letture di un tempo, deriva proprio del fatto che questa miniserie mette in scena nel contesto della stessa storia tutti i supereroi più noti, tutti ugualmente protagonisti. I fumetti che io ricordo –al contrario – tracciavano mondi paralleli, con caratteristiche molto simili fra loro, ma ognuno separato dagli altri, ognuno concepito come l’habitat di un supereroe che non interagiva con gli altri. Questa era una condizione fondamentale per l’esaltazione della gesta del supereroe. Il vederli comparire tutti insieme sulla stessa scena a me ha lasciato un’impressione di sovrabbondanza, mi spiace dirlo, assimilabile all’inflazione, con conseguente svalutazione del potenziale di ciascun supereroe. Ce ne sono così tanti in azione e dominano continuamente la scena da mettere in posizione marginale il contrasto tra la figura del supereroe e la persona comune. Alla fine a me è rimasta la sensazione di un mondo popolato da un’infinità di supereroi da non apparire neanche più tanto super, ma piuttosto “normodotati” (come si direbbe in linguaggio politichese), incapaci di stupire per la propria singolarità.
Ricordo poi che i fumetti dei miei supereroi raccontavano per lo più storie dove i protagonisti conducevano un’esistenza sdoppiata tra la condizione di superuomini che esibivano nelle loro imprese e la normalità anonima del comune cittadino in cui si calavano tra un impresa e l’altra.
Dal punto mio punto di vista il fumetto raccontava, fra le altre cose, il sogno di custodire segretamente nell’anonimato della propria esistenza un potere stupefacente che nessuno sospettava. E in questo sogno era facile identificarsi da ragazzi.
Altri magari – più avanti con gli anni- vedevano raccontata tra le righe – o meglio tra le strisce – anche la solitudine di chi non è apprezzato nella vita di tutti i giorni per quello che pensa di valere. Il lettore poteva identificare nelle gesta del supereroe, che insospettabilmente conduceva anche la banale vita di un cittadino comune, il desiderio recondito di chi vivendo nell’anonimato della vita quotidiana aspirava a possedere un qualche talento o valore nascosto agli occhi di tutti che prima o poi gli sarebbe stato riconosciuto. La scomposizione delle due personalità viventi nello stesso corpo, cioè quella di cittadino anonimo e di supereroe, era necessaria. Per contro la rivelazione dell’identità del supereroe che si toglie la maschera, e quindi la ricomposizione delle due identità, era l’epilogo sempre rimandato di ogni storia.
Nel fumetto “Civil war” crolla questa attesa. L’uomo ragno rivela pubblicamente di chiamarsi all’anagrafe Peter Parker!
Una volta quando leggevo i fumetti immaginavo senz’altro Peter Parker che improvvisamente avrebbe rivelato di essere l’uomo ragno, riscattandosi dalle umiliazioni della vita quotidiana e incassando in quell’istante un credito accumulato nel tempo da anni di imprese attribuite ad un altro. Ma questo non accadeva mai nelle strisce del fumetto.
Questo non doveva vedersi nella storia, doveva essere uno sviluppo futuro che la fantasia di ogni lettore avrebbe dovuto immaginare a modo suo.
Nelle strisce di “Civil war” non solo l’uomo ragno rivela di essere Peter Parker, accade di peggio, e cioè che dopo la rivelazione l’uomo ragno non riesce a più a liberarsi dal Peter Parker che prima abbandonava per indossare la maschera e dedicarsi alle sue imprese. Intendo dire che l’uomo ragno rimane contaminato dal Peter Parker cittadino comune, e viene contagiato dai limiti che sono propri delle persone comuni: si dimostra debole, incerto, incapace di prendere una decisione. Infatti leggendo la storia vedrete l’Uomo Ragno che sta prima dalla parte di una causa (e in nome di questa compie l’atto estremo di rivelare la sua identità) poi passa dalla parte avversa (dunque perché ha rivelato la sua identità se non era sicuro?), e alla fine ritorna alla causa originaria, dove tutti i supereroi si ritrovano ponendo fine alla guerra civile che li aveva divisi. Alla faccia del trasformismo! Mi hanno ucciso davvero l’uomo ragno.
Ma per meglio comprendere il delitto devo raccontare in breve la storia di cui tratta il fumetto Civil War. Mr Fantastic (dei Fantastici 4) è il promotore di un progetto governativo di registrazione di tutti i supereroi in circolazione. Questa anagrafe dei supereroi viene istituita per arginare un’inflazione di personaggi che sono solo sedicenti supereroi in cerca di popolarità. Questi impostori, maldestri emulatori dei veri supereroi, provocano danni sociali pesanti credendo di fare giustizia con le proprie azioni. Il rimedio estremo viene proposto dopo una strage di civili provocata da uno di questi falsi supereroi in un’azione maldestra. Naturalmente la comunità dei veri supereroi si spacca in due tra favorevoli e contrari al progetto di registrazione e ne scaturisce una violentissima guerra civile tra supereroi, la “Civil War” che da il titolo alla serie. Nel fumetto viene dato spazio ad argomenti non privi di ragionevolezza sul progetto di registrazione dei supereroi e allo stesso modo vengono espresse ragioni fondate a sostegno della posizione dei supereroi dissidenti. E’ chiaramente un questione politica sulla quale i supereroi tutti sono costretti a confrontarsi. Una questione politica che come tutte le questioni politiche ha dei pro e dei contro. Se io avessi dovuto schierarmi sarei stato contro la registrazione dei supereroi e naturalmente –avendo letto come va a finire- avrei scelto la fazione perdente, il che come sempre mi conforta. Volendo metterci un po’ di ironia a me sembra che istituire una specie di patentino da supereroe, cioè un’autorizzazione a svolgere la professione rispettando certe regole, appaia come l’istituzione di un ordine professionale. Come può essere –fate le dovute differenze – l’ordine degli avvocati o dei commercialisti o dei medici. Certo che conoscendo come funzionano gli ordini professionali dai supereroi mi aspettavo qualche idea più brillante. Forse servirebbe di più un anti-supereroe che difenda i cittadini dagli ordini professionali. Una specie di superdifensore civico. Faccio questa ironia perché, forse per via del legame emozionale che ho con un vecchio modo (magari superato) di fare i fumetti di supereroi, non ho sentito tanto il bisogno di schierarmi da una parte o dall’altra dentro il gioco di Civil War, quanto ho sentito invece il bisogno di schierarmi contro le nuove regole del gioco. Per intenderci dove “Civil war” scardina – a mio parere- l’antica logica del fumetto è nel fatto che ai miei tempi – se ci fosse stata un’invasione di falsi supereroi molesti per la vita sociale- i veri supereroi sarebbero intervenuti di persona per liberare la comunità dalla loro minaccia. Mai e poi mai avrebbero accettato di contrastare il fenomeno abdicando da loro stessi e soggiacendo a restrizioni e direttive statali, consegnandosi una dichiarazione di impotenza, derubricati a supereroi normodotati incapaci a cavarsela da soli.
E anche sotto su un altro aspetto il fumetto “Civil War” mi lascia la sensazione di aver disinnescato il potenziale di questi superuomini. Mi riferisco al fatto che tutti i supereroi di lontana memoria avevano il privilegio (o era un superpotere anche questo?) di poter compiere le loro imprese nell’interesse della collettività, senza dove compiere una scelta politica, che per definizione appare discutibile a seconda della prospettiva dalla quale la si guardi.
I supereroi di “Civil War” sono addirittura costretti dagli autori a schierarsi da una parte o dall’altra rispetto al potere politico che governa la comunità e che avrà il compito di riconoscere i veri supereroi, escludendo gli emulatori.
I veri supereroi sono con le spalle al muro, dovranno scegliere di agire in nome dell’autorità statale che chiede di avere il controllo su di loro con la registrazione o eventualmente agire al di fuori di tale autorità prendendone le distanze.
E improvvisamente non sono più patrimonio indistinto di tutti i lettori i quali, leggendo la storia, cominceranno – a seconda delle loro inclinazioni politiche – a connotare Mr Fantastic di destra e capitan America di sinistra (chi l’avrebbe detto?), anche se poi l’epilogo della storia li ridurrà tutti ad un partito unico (che tristezza!).
A difesa degli autori si può pensare che abbiano voluto rendere i supereroi più umani, più calati nella realtà dove operano costringendo anche i lettori, che immagino molto giovani, a confrontarsi con problematiche più profonde di quelli che i fumetti del genere di solito propongono. E’ questione di scelte, ma il punto è se queste lodevoli intenzioni debbano essere attuate snaturando la personalità di questi personaggi.
Comunque una cosa è sicura, la frittata è fatta, presa questa china indietro non si torna. Da questo momento in poi ogni gesto del supereroe non potrà più essere immune da un giudizio politico. Saranno o con lo Stato o contro lo Stato.
Forse un giorno l’uomo ragno dovrà volare in Afghanistan a colpire presunti obiettivi militari, o rifiutarsi di farlo per ragioni motivate, rischiando di essere accusato di difendere i terroristi, intervenire nella striscia di Gaza, o in Siria, ovunque si consumino i drammi della nostra attualità.
Ma questo non è più l’uomo ragno, è solo Peter Parker con la calzamaglia. L’uomo ragno, quello vero, riposa in pace nelle vecchie edizioni ingiallite, con il prezzo in lire, che ancora si possono trovare nelle rivendite di fumetti usati.
Featured image morfologia di un ragno: (1) quattro paia di zampe, (2) cefalotorace, (3) opistosoma.