Il liceo, quel caldo e familiare bozzolo in cui siamo stati chiusi per cinque anni (se non di più), il periodo in cui ci sentiamo grandi e forti pur restando bambini, in cui la nostra città è ormai diventata il nostro regno: conosciamo tutto meglio delle nostre tasche, o per lo meno, di questo siamo convinti. Le giornate scorrono lente e tutte uguali. Interrogazioni scampate, compiti a casa non fatti, note prese e splendidi giorni in cui l’estrema trasgressione era marinare le lezioni per poi rinchiudersi dentro il primo bar per non farsi beccare dai genitori. Una volta finito quel periodo in mano non rimane granché, solo un pressoché inutile pezzo di carta. La mente è, però, piena di ricordi e, se siamo fortunati, in quegli anni, siamo riusciti a trovare persone speciali con cui resteremo in contatto per parecchio tempo. Non mi ritengo una persona fortunata, anzi, non lo sono per niente, ma almeno per questo la dea bendata mi ha donato un bel po’ di “fattore C”. Sono una persona difficile, in altre parole è difficile che qualcuno mi stia simpatico, ma loro ci sono riuscite. Sono poche, si contano sulla punta delle dita, ma sono “buone”! Ogni tanto ci incontriamo per un caffè, ed è proprio dal nostro ultimo incontro che nasce questo pezzo.
Domenica ore 11:30. Sono sotto casa mia e aspetto D. che, se tutto va bene, arriverà con il solito ritardo di un quarto d’ora. Io, però, resto ferma ad aspettarla, con la schiena al sole: è una bella giornata e non mi dispiace fare un piccolo bagno di calore dopo il freddo di poche settimane prima. Dopo tantissimo, molto più di quindici minuti, arriva sgommando; in macchina con lei c’è anche G. Sorridono entrambe come sempre: le invidio tantissimo, io non riesco ad essere sempre allegra. Parlando del più e del meno passiamo a caricare anche P. e S., per poi dirigerci, con una giuda rigorosamente sportiva, verso uno dei bar più cari della città; ma al diavolo, per una volta! In cuor mio spero solo che il caffè sia decente.
Ci sediamo al bar e anche se sarebbe ora dell’aperitivo, ordino comunque un caffè macchiato rigorosamente. Il nostro discorso resta sul vago ancora per qualche minuto, finché non tocca il punto cruciale: la nostra attuale vita sentimentale. A titolo informativo vorrei aggiungere che noi donne oltre ad essere delle gran pettegole di natura siamo anche esageratamente maliziose, quindi è normale che quando siamo sole, lontane da orecchi indiscreti, lasciamo uscire determinati discorsi.
La prima a parlare è P. ma solo perché è la più vicina a me. Sorseggia il suo ACE e intanto parlotta del rapporto con l’attuale fidanzato: carino, dolce, la fa stare bene… le solite manfrine insomma. Il succo del discorso, però, non ci mette molto a saltare fuori: la sua prima volta, che ancora deve arrivare. Io continuo a prenderla in giro e a punzecchiarla per sapere le cose per bene, ma lei non si sbottona più di tanto. Vengono fuori i soliti problemi e dubbi che qualunque donna si pone prima di quel momento. Parlando con P., però, ho capito una cosa importantissima, oltre a quanto sia realmente innamorata di questo ragazzo: forse avrei dovuto aspettare, forse tutte dovremmo aspettare il momento e l’uomo giusto. Ma esiste realmente? E se poi, per aspettarlo diventiamo vecchie, rugose e con le ragnatele? Possibile, anche se improbabile!
Giacché da P. non riesco a cavare granché, provo con S. che zitta zitta sorseggia il suo cappuccino. (Sì, cappuccino!) Peggio che andar di notte! Al momento non ha nessuna storia seria in corso, forse qualche flirt occasionale, ma fondamentalmente una vita dedita allo studio e al raggiungimento della realizzazione personale. In fondo nemmeno il suo ragionamento è sbagliato! Alla fine, da donne emancipate quali siamo o diventeremo dovremmo imparare a fare a meno dell’amore e degli uomini. Ma una vita senza amore, senza qualcuno che ti abbracci nel letto la sera, senza le liti, senza le lacrime e gli sguardi complici, vale davvero la pena di essere vissuta? Anche con S. il discorso resta sul vago; vorrei insistere, soprattutto perché mi pare di vedere qualche strano scintillio nei suoi occhi castani, seminascosti dagli occhiali da vista.
Passo oltre. In G. nutro poche speranze; anche lei aspetta l’uomo giusto e il momento perfetto, quindi so già cosa aspettarmi, in parte. Invece mi sorprende. Non parla molto, cerca di deviare il discorso ridendo e facendo battute, ma dietro quelle mezze risposte mi pare di cogliere un velato odio nei confronti del così detto sesso forte. La mia mente corre verso scelte diverse, mentre smetto di prestare attenzione alle battute che si scambiano le altre: forse la soluzione è nell’altra sponda, nell’omosessualità! Probabilmente gay e lesbiche sono più felici, hanno meno problemi, vivono meglio, si amano meglio! No, forse sbaglio ancora: mandare avanti un rapporto è comunque difficile. Perché gli omosessuali dovrebbero avere meno problemi? I sentimenti e gli ostacoli della vita, i piccoli intoppi quotidiani sono gli stessi: l’Amore è uguale!
A riportarmi nel mondo reale è D. che mi punta addosso gli occhioni blu come aspettando la mia domanda. In effetti, è il suo turno, e mi sembra giusto ascoltare. Lei ha deciso di godersi la vita, di divertirsi, di viaggiare e conoscere persone nuove dopo una storia durata parecchi anni. Parla dei posti che ha visto e di qualche ragazzo sporadico. Io, però, già lo so che il suo pallino è sempre uno, ma non voglio entrare nei dettagli, che poi sono sempre quelli. D. sembra felice, e forse lo è davvero! Magari il suo punto di vista è quello vincente: uscire, divertirsi, vivere a pieno i nostri vent’anni, e poi, forse pensare a sistemarsi. L’idea mi alletta, ma io la mia scelta l’ho già fatta.
A questo punto resto solo io, ma non c’è molto da dire. Ho una relazione (in)stabile da qualche anno e, tutto sommato, sono felice nonostante gli alti e bassi. Sono innamorata, studio, scrivo, vivo ancora… che altro dovrei dire?
Una volta tornata a casa, quella stessa domenica, ho ripensato a queste “rivelazioni”: una giornata produttiva, sicuramente, ma cosa ho concluso? Ho trovato il modo definitivo per vivere una relazione di coppia? Probabilmente no, ma per almeno un’oretta sono tornata a essere quella del liceo e per il momento mi basta! (Se le risposte a queste domande non le hanno trovate in milioni di anni, perché dovrei riuscirci io?)