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Ma procediamo con ordine

Creato il 13 novembre 2013 da Alfa
Ma procediamo con ordinePresumo che solo pochi tra i cinque (quattro escluso l’autore) lettori di questo blog sappiano che sulla ridente sponda (non so perché sia sempre così ilare, forse perché è la “sponda grassa” piemontese e se ne sta di fronte alla “magra”, situata in territorio lombardo) del Lago Maggiore esiste una villa legata a un “Gigante del Palcoscenico”. Stiamo parlando, naturalmente, del più grosso basso lirico dell’Ottocento, il milanese Achille Bianchini, nome d’arte di Antonio Scazzosi, nato il 10 ottobre 1843 in una modesta cascina tra Mesero e Marcallo, dalle parti di Magenta.Dotato di “un fisico imponente e di una voce erculea”, per citare le parole del suo più illustre (e finora unico) biografo, calcò le scene per oltre 40 anni facendosi notare per una voce che “si diceva provenire nientemeno che dal centro della terra”. Caratteristica questa che gli fruttò l’ulteriore soprannome di “Voce di Pluto”.Personaggio senz’altro scomodo e controverso (“una voce monumentale in un monumentale cretino” disse Puccini), al termine della carriera cercò e trovò conforto nella fede grazie a Monsignor Rubinelli che riuscì a riportare sulla retta via la pecorella smarrita, invogliandola a trovare la strada dell'ovile con la pastura adatta. Che nel caso del Bianchini era costituita da rane di Caltignaga, fidighina (mortadella di fegato suino) di Nebbiuno e orecchie di maiale fritte di Suno accompagnate dall’ottimo Nebbiolo ricavato dalle vigne del “Motto Sifolone”.La biografia del Bianchini non specifica se avesse già in animo il progetto o se questo sia stato concepito durante uno di questi ritiri spirituali. Fatto sta che il Nostro investì il proprio patrimonio in una villa costruita tra Lesa e Belgirate. “Villa Attila” avrebbe dovuto chiamarsi, ma per via della curiosa forma dei due monumentali pilastri d’ingresso a forma di lingam, che avrebbero dovuto rappresentare due simboli sacri alla religiosità degli Unni, il complesso fu ribattezzato dagli indigeni (che nulla sapevano dei lingam e degli Unni, ma che avevano perfettamente compreso il significato di “quei cosi”) “Villa Pirla”. E chi mastica un poco di lombardo avrà a sua volta capito, senza ulteriori spiegazioni, quale forma avessero quei pilastri…

Ma procediamo con ordine.Le vicende che ruotano attorno all'edificio sono ancora lunghe e complesse e meritano di essere lette direttamente dalla penna del “biografo” del Bianchini… vale a dire dal cusiano Domenico Brioschi che tra le pagine di “Villa Pirla. Ma procediamo con ordine” ha saputo narrare le spassose vicende degli strambi personaggi che ruotano attorno a un edificio dal nome tanto singolare. O, per citare ancora il Brioschi, “una storia come spazio di rappresentazione dell’Ego dei proprietari che vi si succedono. Onestamente ogni tanto mi piacerebbe sapere ciò che scrivo”.E con questo auspicio, che sottoscrivo, vi invito a leggere questo agile librettino di 116 pagine e vi do appuntamento la prossima settimana con altri curiosi narratori cusiani. 


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