La novità dell’ultima edizione viene da quattro schede in sardo logudorese che, dopo essere rimaste per alcuni secoli in un archivio spagnolo, giungono a rivalutare l’antico codice e a ricollocare al loro posto alcuni importanti tasselli che ancora mancavano nel contesto delle fonti medioevali sarde.Trattandosi di un’opera specialistica i curatori dell’edizione, rinunciando alla traduzionein italiano, hanno affidato questa operazione al glossario che correda l’edizione. In questa sede l’interesse per l’edizione di cui si discorre si limita, più che altro,ad alcune questioni di contenuto toponimico che emergono attraverso la lettura delleschede in sardo e, qua e là, anche in quelle, assai più numerose, scritte in spagnolo. Un aspetto di cui tener conto proviene dal fatto che nel glossario dei termini sardi figurano anche toponimi come Lusia, Petraia o parti di toponimi come Campu de Alagone, Mura Mayore, Nurache de Agasones, Sierra de Bolorique, Vallecito de Calquinata e altri. Sempre nel glossario dei termini sardi sono compresi anche vocaboli spagnoli che dagli editori sono ritenuti voci sarde, come nel caso, ma non è l’unico, del fitonimo arboleda.Per leggere tutto l'articolo






